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La ditta

Scritto da Lorenzo Gaiani.

Lorenzo Gaiani Se si pensa di stare in una Ditta e di esserne anzi i proprietari del pacchetto di maggioranza per diritto divino, è abbastanza ovvio che quando si scopre che non è così, e che si può anche diventare dei semplici impiegati, ci si rimane male.
A questo punto si può reagire in due modi.
Il primo è quello di collaborare lealmente con il nuovo azionista di maggioranza, magari ragionando sul perché adesso l'azionista di maggioranza è lui, e quindi facendosi una bella autocritica (una prassi che nella Ditta originaria di alcuni era molto diffusa).
La seconda è quella di trovare ogni pretesto, anche meschino, per dare addosso all'azionista di maggioranza, disinteressandosi del fatto che di mezzo ci va anche la Ditta, il suo buon nome ed il fatturato.
Ma se qualcuno sceglie questa seconda strada e poi lo licenziano, non potrà invocare l'articolo 18, perché una giusta causa c'è.

Sulla Direzione Nazionale PD: Mi ricordo uno sketch del grande Gino Bramieri che, nei panni di un giocatore di biliardo impegnato in una lunga partita solitaria, parlava dell'Europa unita, e ne restringeva via via l'ampiezza riducendola alla fine alla via e numero civico milanese dove risiedevano lui e la sua famiglia.
Ecco, questa scenetta che a suo tempo mi fece morir dal ridere mi è tornata in mente quando sentivo gli interventi in Direzione nazionale del PD di certi figuri del passato e di certi giovanotti di scarso avvenire che, mentre Renzi spiegava quale può essere il futuro di un partito di sinistra moderno, riducevano in pratica la sinistra al tinello di casa loro , con la loro tipica nostalgia gozzaniana per le "buone cose di pessimo gusto".
Il problema è che questi signori, pur essendo ridicoli, a differenza di Bramieri si prendono maledettamente sul serio.

Il voto della Direzione nazionale del PD sancisce anche il definitivo tramonto del collateralismo fra Partito e sindacato , retaggio di una fase storica che si sperava superata, e che tuttavia ha ancora delle code grottesche come accadde lo scorso anno al Congresso del PD milanese, dove si scoprì che una grande Confederazione sindacale (o almeno la sua dirigenza) si riduceva ad essere collaterale non ad un partito ma ad una corrente di esso.
Da ora in poi la politica - partiti, istituzioni- riprende in pienezza la propria autonomia, che non significa negare il rapporto con i corpi sociali intermedi, ma implica che chi si assume la responsabilità di governare deve decidere, certo ascoltando tutti, ma le decisioni sono soltanto sue, perché sua è la responsabilità.

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