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Una task force per studiare le soluzioni per i detenuti

Scritto da Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli Intervista a Franco Mirabelli di Radio Popolare.

In piena emergenza da epidemia di coronavirus COVID-19, la rivolta dei detenuti è scoppiata un po’ in tutti gli istituti penitenziari in Italia, anche in quelle in Lombardia. Ne abbiamo parlato con col senatore del Partito Democratico Franco Mirabelli, che ieri è stato in visita al carcere di San Vittore.
Com’è la situazione nelle carceri lombarde?
È una situazione di tensioni che ieri a San Vittore ha prodotto una rivolta che si è diffusa man mano in quasi tutti i reparti, fortemente danneggiati da incendi e altri danneggiamenti.
Tutto è partito dal terzo raggio, in cui si trovano i detenuti tossicodipendenti, e poi si è estesa ovunque con alcuni detenuti in rivolta saliti sui tetti. La situazione a Opera mi pare più tranquilla nonostante fuori, durante la notte, ci siano state alcune manifestazioni con esplosione di petardi e mortaretti. Su Pavia non so dirle, ma credo che la situazione sia rientrata in quasi tutte le carceri d’Italia.
Cosa si può fare per ridurre la possibilità di contagio e tranquillizzare i detenuti in rivolta?
Nel carcere in questo momento, avendo quasi ovunque assunto misure drastiche di isolamento, non ci sono notizie di contagi e di infezioni da coronavirus. Nell’ultimo decreto sulla giustizia è stato previsto che non ci possano essere colloqui individuali in carcere per limitare al massimo la possibilità che dall’esterno arrivano contagi. A fronte di questo, però, si è data indicazione di aumentare le possibilità di contatto telematico e telefonico per i detenuti con i loro parenti. È evidente che si tratta di una situazione pesante, ma credo che il tema principale, sentiti anche gli slogan che venivano gridati ieri dal tetto di San Vittore, non sia questo: la rivolta, che va condannata, trova terreno fertile in una situazione di tensione alimentata anche dal fatto che siamo di fronte ad una sovrappopolazione che è tornata ad essere esagerata. Quando le carceri italiane ospitano il 140% dei detenuti in più rispetto a quelli che sono i posti letto assegnati, è evidente che c’è un problema che va affrontato. Va affrontato il tema della messa in sicurezza dal punto di vista della tutela della salute dei detenuti e degli operatori che stanno nel carcere, ma c’è anche un problema di qualità che oggi, di fronte a questi provvedimenti che cancellano i permessi e limitano al massimo la possibilità di uscita e di entrata dal carcere, diventa ancora più pesante.
Voi avete fatto delle proposte, ma se ho capito bene il Ministro Bonafede chiude alla possibilità di idee di questo tipo.
Il Ministro Bonafede ha fatto quello che gli abbiamo chiesto ieri: ha costruito una task force per studiare in tempi brevissimi le soluzioni o le risposte da dare subito in questa emergenza. Tra queste ci sono una serie di proposte semplici che possono decongestionare il carcere. Chi era in permesso e aveva la possibilità di lavorare fuori per tornare in carcere tutte le sere, ad esempio, e che ora non può più uscire per andare a lavorare deve essere messo in condizione di uscire e restare a dormire fuori utilizzando l’istituto della messa in prova. L’altra proposta è fare in modo che chi ha poche settimane da scontare per concludere la pena ed ha avuto comportamenti impeccabili sia messo ai domiciliari. In questo momento assecondare richieste di clemenza come l’indulto o l’amnistia sarebbe sbagliato.
Il Manifesto scrive oggi che questi episodi di violenza sono da condannare, ma bisogna stare attenti al pericolo del ritorno ad un carcere in cui si parla solo di isolamento e di ozio nelle celle. C’è questo pericolo a suo avviso?
Sì, e non nasce adesso. In queste settimane e in questi mesi è evidente che il centrodestra e alcuni sindacati dei lavoratori del carcere stanno sostenendo proposte che suggeriscono di tornare indietro, chiudere le celle e superare la sorveglianza dinamica. Far passare tutta la giornata in cella ai detenuti sarebbe un grave passo indietro. E non dimentichiamoci della proposta di qualche mese fa di mettere i comandanti degli agenti di custodia sullo stesso piano dei direttori, dando loro delle possibilità e dei ruoli che avrebbe messo i direttori in una situazione di subalternità dando agli agenti di custodia la possibilità di fare scelte che oggi l’ordinamento non gli riconosce.

Audio dell’intervista»

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