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Ripensare la politica economica europea

Scritto da Patrizia Toia.

Patrizia Toia Non sono Berlino o Parigi che decidono, ma dobbiamo tutti decidere cosa vogliamo fare insieme di fronte a questa situazione. Se l'Europa non cresce nel suo complesso è un danno per tutti i paesi, non si tratta allora di riesumare vecchie "cordate" tra Paesi del Nord contro Paesi del Sud o di rispolverare atteggiamenti ostili verso la Germania. Non si tratta neppure di chiedere eccezioni o di pretendere deroghe, ma di costruire insieme nuove regole e, nel frattempo, di usare nuove e più intelligenti applicazioni, come la flessibilità, di quelle esistenti. Ripensare la politica economica europea non significa mettere a rischio la stabilità finanziaria dell'Europa, significa prendere atto di ciò che non ha funzionato e introdurre i cambiamenti necessari, a partire dal Piano per la crescita e l'occupazione di 300 miliardi che Juncker ha promesso.

Intanto, Renzi ha spazzato via tante illazioni e tante inutili pagine di giornali che davano già per decisi "colpi "alle pensioni, patrimoniali, patrimonialette e altre manovre dolorose e ingiuste. Troppo sole? No l'estate è nuvolosa e incerta! Piuttosto troppo chiacchiericcio e voglia di protagonismo di politici che dovrebbero parlare solo quando le scelte sono veramente in discussione e si risparmierebbero (se non soldi) certo tante ansietà e preoccupazioni tra le persone che di problemi ne hanno già tanti.
Dal summit annuale di Jackson Hole, Mario Draghi ribadisce che la BCE farà fino in fondo la sua parte anche con strumenti non convenzionali. Questa determinazione è senz'altro positiva, soprattutto di fronte alla stagnazione dell'economia europea e alla realtà gravissima della disoccupazione perché, lo spiega lo stesso Draghi, la mancanza di occupazione genera instabilità, incertezza del futuro e mina profondamente la coesione sociale. Ma Draghi opportunamente richiama anche l'impegno degli Stati membri a fare rapidamente le riforme strutturali necessarie: su questo punto credo che l'Italia stia rispondendo bene alla sollecitazione. Draghi rilancia anche il tema degli investimenti per la ripresa: a me pare di leggerlo come un sostegno al Piano per la crescita che proprio l'Italia ha chiesto a Juncker. Ci aspettiamo ora che la BCE tutta (non solo l'encomiabile Draghi) superi una certa "chiusa" rigidità e affronti coraggiosamente il tema del tasso di inflazione e della quotazione dell'euro. Solo così chi vuole investire, anche da "fuori", può ben programmare i suoi investimenti in euro e parlo di investimenti reali, nell'economia reale: ciò di cui soprattutto l'Europa ha bisogno!

 

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