La democrazia autorevole
Il modo di scrivere di Walter Veltroni può piacere o meno, ma ciò non toglie che nella sua lettera di oggi a Repubblica abbia centrato due questioni fondamentali.
La prima è la necessità per le democrazie di una maggiore fluidità e rapidità del processo decisionale in una situazione complessa, pena la mancanza di autorevolezza e, alla lunga, di autorità in un contesto che richiede la presenza di un'autorità riconoscibile e sicura come precondizione necessaria ad ogni scelta da prendere ed attuare. Ciò dimostra che il percorso avviato delle riforme istituzionali non è campato per aria ma corrisponde ad una necessità oggettiva del nostro Paese.
La seconda è quella di evitare che la questione dell'identità, nel terribile contesto internazionale odierno, così carico di rischi, possa diventare un elemento di scontro e di ulteriori tensioni. Che cosa richiedere a chi viene a vivere fra noi come garanzia di una convivenza ordinata e feconda?
Escludendo tutti i paradigmi "culturali" o "religiosi" che sono solo il paravento di un'impostazione populista e xenofoba che ha l'unico scopo di far cassa a livello elettorale sfruttando le paure più profonde della gente, sembra di poter dire che il minimo comun denominatore sia l'accettazione della Costituzione e delle leggi che ne discendono. La Costituzione infatti contiene in se stessa un apparato valoriale che è figlio diretto delle migliori culture politiche della nostra tradizione, e quindi ha anche una valenza culturale ed è insieme il fondamento dell'unica religione civile possibile nel nostro Paese.
Sulla Costituzione giurano davanti al Sindaco i nuovi cittadini italiani, come a riconoscere che qualunque sia il colore della pelle, il Dio che si venera, la cultura da cui si proviene, è nel rispetto delle leggi della Repubblica che si sostanzia la possibilità della coesistenza dei diversi. Niente di più, niente di meno.