Le questioni economiche
I dati dell'ISTAT segnano una situazione di calo del PIL rispetto alle previsioni ed è subito "recessione tecnica", con i conseguenti allarmi sulle possibili reazioni europee. Scatta anche parte della stampa internazionale, così rapida da farla immaginare in agguato.
Fa bene Renzi a non cadere nella giustificazione (e di che poi?): pochi mesi di governo a fronte di problemi economici e di conti pubblici che risalgono almeno a qualche anno.
E fa bene a proiettare il programma delle riforme istituzionali ed economiche nell'arco dei mille giorni per un programma più completo e incisivo:
dalla pubblica amministrazione al lavoro, dalla semplificazione al funzionamento della giustizia, dalle riforme costituzionali ed elettorali alle grandi opere da rilanciare.
Senza sottovalutare l'attenzione dell'Europa, che comunque si esprimerà nelle valutazioni, a novembre, sui piani di bilancio per il prossimo anno, dobbiamo non sentirci sotto scacco.
Condivido la reazione pacata e insieme molto consapevole di economisti come Yoran Gutgeld: dobbiamo essere convinti che la sfida é ancora più ardua del previsto, dobbiamo continuare sulla strada intrapresa con ancora più rapidità e determinazione. Le riforme costituzionali non sono astrattezza, ma la possibilità delle istituzioni di operare con efficacia e rapidità. La Pubblica Amministrazione e la giustizia sono un'opportunità per il sistema economico ed industriale di operare senza inutili e dannosi ostacoli e intralci e così per le altre riforme di sistema.
Accanto a questo cantiere, vi è quello più diretto sull'economia e l'impresa, dall'innovazione tecnologica al sostegno all'internazionalizzazione, all'azione sul costo dell'energia.
Ma soprattutto sarà fondamentale l'impiego di risorse fresche quali quelle dei fondi strutturali europei per lo sviluppo locale, per l'efficienza energetica, per la formazione del capitale umano e per l'avvio al lavoro.
Su questa grande partita l'Italia dimostrerà la sua capacità di governo, la sua regia tra stato e regioni, tra pubblico e privato in un grande Piano Paese, con l'Accordo di partenariato nazionale e il coordinamento dei Programmi Operativi Nazionali.
Se faremo un buon lavoro di previsione di utilizzo di questi fondi sarà tanto più forte e sostenibile la nostra richiesta di scorporare questi investimenti, per la quota di cofinanziamento, dai parametri del Patto.
Questa è la prima flessibilità possibile e su questa dobbiamo puntare da Roma e da Bruxelles.