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Non mi rassegno alla scissione

Scritto da Piero Fassino.

Piero Fassino
Intervista a Piero Fassino di Repubblica.

"Perché? Questa domanda mi tormenta da giorni e non riesco a trovare una risposta. Perché? E non me lo chiedo solo io, ma me lo chiedono tante persone che incontro. Sia militanti che guardano a Renzi, sia simpatizzanti della minoranza. E anche tanta gente che non ha votato Pd. E a quel perché non c'è una risposta plausibile". Piero Fassino non si rassegna alla scissione, e appena prima di andare alla Direzione del Pd assediata dalla protesta anche violenta di tassisti e ambulanti, lancia un appello ai dirigenti del suo partito che vogliono andarsene: "Siamo sull'orlo di un baratro. Fermatevi prima di precipitare".
Ma Fassino non crede che ormai sia tardi? Che forse un taglio netto serve per fare chiarezza in un partito lacerato da tre anni di lotte interne?
"Io sono stato il padre del Pd. Ero segretario dei Ds quando l'abbiamo sciolto per creare il Partito democratico. Subimmo una scissione e quindi so quanto può essere doloroso un atto del genere e quali conseguenze ne possono derivare".
In questo caso quali saranno le conseguenze immediate di una scissione della sinistra?
"Me ne vengono in mente tre, evidenti: un Pd mutilato è un Pd più debole. Di conseguenza il governo Gentiloni e la sua maggioranza sono più fragili. E anche la ricostruzione e l'allargamento del centrosinistra diventa più difficile, penso che anche l'iniziativa del Campo Progressista di Pisapia possa diventare più ardua".
Ha paura che la scissione sarà festeggiata da Grillo e Berlusconi?
"Questo è un altro motivo per fermarsi prima che sia troppo tardi. Con una scissione offriamo ai Cinquestelle e al centrodestra l'opportunità di cogliere un successo già a partire dalle amministrative. Con la scissione si compromette il progetto politico che il Pd incarna. L'unico progetto in grado di guidare il Paese. Né Grillo né Berlusconi sono in grado di farlo. Per questo continuo a chiedermi: perché separarsi, scindersi. Quale beneficio se ne trae? Vedo solo effetti negativi. Per questo continuo a dire che una risposta plausibile non c'è".
In realtà in questi tre anni siete sembrati spesso un partito in disaccordo su punti fondamentali. Forse non si poteva andare più avanti con questa conflittualità.
"Le ragioni che sono state addotte non giustificano una scissione. C'è il Congresso per confrontarsi. Ci sono opinioni diverse sul Jobs act o sulla legge elettorale? Si affronti la questione al Congresso. Se poi la ragione è la data del Congresso è una motivazione troppo debole per separarsi".
Ma la sinistra che se ne vuole andare è convinta che il Congresso segnerà la fine del governo Gentiloni.
"L'atteggiamento della maggioranza è stato chiarito ampiamente nell'Assemblea di domenica scorsa. L'esecutivo non è transitorio, né temporaneo. È nella pienezza dei suoi poteri e il Pd lo sostiene con convinzione come ha fatto finora. Del resto si dimentica che è il governo del Pd, tant'è che un mese fa il governo è stato criticato perché troppo simile al governo Renzi."
La scissione di Bersani e D'Alema è ormai un dato di fatto, almeno ascoltando le parole dei protagonisti.
"Non mi rassegno perché tranne la morte non c'è nulla di inevitabile. Noi siamo padroni del nostro destino e dobbiamo liberarci di questa parola - scissione - che una volta pronunciata ti fa prigioniero. Io credo che ci sia spazio per una ricomposizione. Non è giusto far dipendere una scelta così drammatica da un dibattito interno al gruppo dirigente. Per questo mi rivolgo a chi pensa che sia inevitabile separarsi e lancio il mio appello: la vostra permanenza nel Pd non può dipendere dal fatto che ci sia o non ci sia una sollecitazione del Segretario del Partito. Voi rimanete perché il Pd è anche la vostra casa, voi rimanete perché accogliete la domanda di unità dei militanti, perché vi mettete in sintonia con le aspettative di tanti italiani. Alla sinistra dico: entro quattro mesi c'è il Congresso. Battetevi lí per le vostre idee, sollecitate tutto il Partito a fare i conti con le vostre proposte, ma non ve ne andate".
Emiliano sembra averle dato retta. Resta nel Pd.
"Emiliano ha fatto una scelta che apprezzo. Resta dentro con le sue proposte. Il Pd ha bisogno di tenere dentro tutte le anime".
Se siete a questo punto non è responsabilità anche di Renzi?
"Se siamo a questo punto la responsabilità è di tutti noi. Ma non carico su Renzi una responsabilità in più. Ha portato nel Pd la forza dell'innovazione e del cambiamento e il 41% alle Europee cos'è se non la speranza del cambiamento? Certo, quando si fanno le riforme ci si scontra con mille resistenze. Si mettono in discussione rendite di posizione, interessi consolidati, istanze corporative, ci si scontra con resistenze come è accaduto sulla scuola o il Jobs act. Nei prossimi mesi avremo di fronte scadenze impegnative: le amministrative, il referendum sui voucher, la legge di stabilità, le elezioni siciliane in ottobre. Veniamo da due sconfitte. Il Congresso serve per parlare e confrontarci su tutto questo. Se non lo facciamo adesso, mi chiedo quando. Dobbiamo darci una linea su punti strategici e abbiamo bisogno di una discussione vera e senza reticenze. Tutti gli spazi sono aperti, anche per la minoranza".
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