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Riforma attesa 30 anni

Scritto da Dario Franceschini.

Dario Franceschini
Intervista pubblicata da Repubblica.
Votare No al referendum è "un vero atto contro il Paese". O meglio, dice Dario Franceschini, lo è usare "una riforma attesa da 30 anni per l'obiettivo finale di buttare giù Renzi". Il suo messaggio è rivolto certo alla minoranza del Pd, a Bersani, Cuperlo, Speranza e D'Alema, che con le loro critiche tradiscono "il sogno" del centrosinistra, ma non solo. "Penso ai fiumi di parole che abbiamo versato in riunioni e convegni per raggiungere il risultato contenuto nella legge costituzionale e nella legge elettorale. Penso ai professori, ai commentatori, ai mondi intellettuali della sinistra che hanno accompagnato quel dibattito. Dimenticare il passato solo per una ragione di lotta politica, è inaccettabile", spiega il ministro della Cultura.
Fatto sta che il referendum rischia di spaccare il Pd. Non tocca a Matteo Renzi evitarlo?
"Non vedo il rischio di una spaccatura. Ma siamo davanti a un problema più complicato. Io ho scelto di non essere più dentro le vicende politiche, mi sento quasi un osservatore. E osservo. Sono stupefatto nel vedere come un tema di importanzaenorme, la riforma, venga utilizzato per altri obiettivi ".
Mandare a casa Renzi.
"Esatto".
È la politica, bellezza.
"Non proprio. L'Italia è strutturalmente disabituata, e quindi tendenzialmente ostile all'idea di un leader troppo forte. In particolare, lo è il centrosinistra come dimostrano le operazioni di indebolimento compiute nel nostro campo verso leader che erano molto meno forti di Renzi. Poi, siamo disabituati alla durata dei governi tanto è vero che pur essendo questo esecutivo in carica da poco più di due anni siamo già il governo di centrosinistra più longevo. Sono fattori che spiegano la fibrillazione ma mi fa male se certi argomenti vengono usati da una parte del mio partito".
Uomo forte non è una formula indigesta a sinistra?
"Uomo forte nel senso di uomo che decide. Questo è Renzi. Se un altro di noi fosse stato al suo posto, me compreso, si sarebbe fermato sulla legge elettorale per non rompere il Pd o sulla riforma per evitare la frattura con Forza Italia, o sul Jobs act per tenere dentro la Cgil, sulla scuola per non rompere con gli insegnanti e sulle unioni civili per non litigare con la Chiesa. Devo continuare?".
Così sembra che il No sia lesa maestà.
"Qualcuno punta a colpire Renzi? Siamo nella fisiologia della politica, non mi sconvolge. Lo strumento però è sbagliato. Chi vuole affrontare il segretario dentro il Pd, lo sfidi al congresso; chi lo vuole sconfiggere nel Paese, lo sfidi alle politiche. Ma usare una riforma attesa da 30 anni per buttarlo giù è un atto contro il Paese".
Non è Renzi a cercare il plebiscito annunciando: "Se perdo mi ritiro".
"Non è una minaccia, non è una personalizzazione. A me sembra una con-sta-ta-zio-ne. Questo governo, ed è agli atti, nasce per fare le riforme. Se le riforme non si fanno chiude bottega il governo e chiude anche la legislatura, mi pare ovvio. Anche perché non stiamo scegliendo tra due riforme diverse, che è il tema più surreale usato da alcuni costituzionalisti. Stiamo scegliendo tra la riforma e niente".
Per la verità molte critiche sono nel merito. L'appello dei costituzionalisti del No contesta scelte precise.
"Basta andare su Google per ricordarsi che questa riforma risponde a obiettivi inseguiti per anni. Superamento del bicameralismo, riduzione del numero dei parlamentari, rafforzamento dei poteri del governo e del premier. Aggiungo: non è un secolo fa che ci siamo alzati tutti in piedi ad applaudire Giorgio Napolitano alla Camera quando prese di petto le forze politiche, mi verrebbe da dire a schiaffi, in nome delle riforme. Io vedo due film".
"Vince il Sì. Quando si va a votare nel 2018, ci troviamo in uno scenario sognato per decenni: una sola camera che fa le leggi, chi arriva primo ha la maggioranza assoluta, stabilità per 5 anni. La nostra lista dei desideri. Un sogno".
Vince il No.
"Si torna a votare con il sistema bicamerale, con una legge elettorale diversa al Senato, nessuno avrà la maggioranza e ricomincia tutto daccapo. Quest'ultimo film è il "sogno" di Grillo che come tutti i populisti punta al caos".
Basta eleggere direttamente i senatori, chiede Bersani.
"Le dico la mia opinione. L'elezione diretta dei senatori, agli occhi di un cittadino normale, significa sostanzialmente aver tenuto il bicameralismo. So che non è così, perché i poteri delle due Camere rimangono distinti ma contrasterebbe con la natura che si è voluta dare al Senato".
Ovvero? O cambiare l'Italicum.
"Riapriamo Google. Noi volevamo il doppio turno. Quello di collegio non era possibile perché lo chiedeva soltanto il Pd. Ma c'è il ballottaggio e la soglia per il premio di maggioranza. Ciò che si è invocato per anni. Eppoi non si è mai visto un Paese che cambia la legge elettorale prima ancora di averla provata ".
Forse fanno scandalo le riforme votate con Verdini
"Quando ho discusso per il Pd la lista dei sottosegretari del governo Letta con Verdini nessuno ha gridato allo scandalo. Il rapporto con lui è figlio di una legislatura nata anomala perché noi non abbiamo vinto le elezioni".
Intanto perdete di vista le comunali del 5 giugno.
"Sembrano lontane perché in uno schema ormai tripolare il primo turno è difficilmente risolutivo. Lo è il ballottaggio. Ma il governo non rischia e la differenza c'è: per le amministrative si vota ogni 5 anni, per la riforma costituzionale una volta ogni 40".
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