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Credito al Futuro

Scritto da Don Gino Rigoldi.

Articolo della Stampa.

«Ho scoperto che il contatto con i clienti mi piace molto e riesco ad essere allo stesso tempo creativo nella preparazione delle bevande ogni giorno». Mario, nome di fantasia, ha 19 anni ed è detenuto all’Ipm Cesare Beccaria di Milano con un fine pena previsto per il 2026. Adesso però è anche un barman e un pasticcere in un locale in città grazie al progetto «Credito al futuro» della Fondazione Don Gino Rigoldi, in collaborazione con Cesvi e sostenuto da Intesa Sanpaolo, che in 18 mesi ha accolto 213 giovani dai 16 ai 29 anni, spesso provenienti da contesti sociali complicati, che riempivano le fila dei cosiddetti “Neet”, ovvero giovani che non studiano e non lavorano (oggi sono 1 su 5 in quella fascia d'età).
Molti di loro avevano una bassa scolarizzazione (di solito il diploma di terza media) e circa la metà non aveva nessuna esperienza lavorativa. Il segreto del successo del programma è la personalizzazione del percorso di ognuno di questi ragazzi, per adattarsi meglio alla loro idea di futuro o alle loro inclinazioni personali. Il progetto prevede infatti un orientamento formativo e lavorativo, moduli sulle competenze digitali, corsi professionalizzanti grazie alla collaborazione con aziende coinvolte nell'iniziativa, come Nonsolococktails o Valrhona Italia. Con oltre 200mila euro, raccolti in tre mesi grazie al contributo di privati, imprese e società del Gruppo Intesa Sanpaolo, «Credito al Futuro» ha aiutato 140 ragazzi e 73 ragazze, 54 minorenni e 159 maggiorenni. Di questi, 39 erano giovani segnalati dall'Ipm e dall'Ufficio di Servizio Sociale Minorenni, 34 invece erano in un percorso penale segnalati da altri servizi (come ad esempio Piede libero del Comune di Milano, Spazio Blu o altri come SerD e comunità penali). Per molti è stata anche un'occasione di riscatto, agevolato da un sostegno economico concreto che il progetto ha messo in campo attivando servizi come l'assistenza legale. È stato possibile così avviare 34 pratiche per la cittadinanza o per i permessi di soggiorno, per i documenti di identità e in alcuni casi anche per le richieste di case popolari. A 25 di loro sono state pagate le divise da lavoro o l'abbonamento dei mezzi pubblici o l'iscrizione alla patente.
Tra i servizi attivati più apprezzati dai ragazzi c'è stata la simulazione di un colloquio di lavoro, con un affiancamento nella ricerca di un posto in cui poter mettere a frutto quanto imparato. «I giovani capiscono quando gli dai un valore ed è lì che ti ascoltano - spiega Don Gino Rigoldi, presidente della Fondazione - se si riesce a creare quella religione della relazione, un luogo e una comunità possono diventare davvero un motore di crescita per tutti quei ragazzi meno attrezzati che sono più a rischio nella collezione di fallimenti che li spingono sempre più verso il basso».
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