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La sanità in Lombardia

Scritto da Sara Valmaggi.

Sara Valmaggi
Sulla 194 - La Lombardia faccia come la Regione Lazio e rimuova gli ostacoli alla corretta attuazione della legge 194. Questo quanto ho chiesto oggi insieme alla colleghe Laura Barzaghi, del PD, e alla capogruppo del Patto Civico Lucia Castellano. Il riferimento è al recente decreto del presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti che limita l’esercizio dell’obiezione di coscienza all’interruzione di gravidanza vera e propria, escludendo la fase delle certificazioni e la prescrizione dei contraccettivi ordinari e quelli di emergenza favorendo in questo modo la prevenzione.
La Lombardia, del resto, ha ben 13 ospedali in cui o tutti i ginecologi o tutti gli anestesisti sono obiettori di coscienza, e il tasso di obiezione tra i medici è del 68%. In Lombardia, inoltre, ben il 40% dei consultori è privato (92 su 240; nel 2005 erano il 20%, pari a 44 su 222) a cui è consentita l’obiezione di coscienza di struttura, introdotta dalla Giunta regionale nel 2000. In pratica, “in deroga a quanto stabilito dalle norme, i Consultori familiari privati possono escludere dalle prestazioni rese quelle previste per l’interruzione volontaria di gravidanza ivi comprese quelle connesse o dipendenti da dette prestazioni”. In Lombardia, inoltre, non esiste un solo ospedale privato accreditato con il servizio sanitario regionale che pratichi l’interruzione volontaria di gravidanza.
La Regione deve garantire la piena applicazione della legge 194. Non è plausibile che la somma dell’obiezione di coscienza e delle deroghe concesse ai consultori privati generi un ostacolo difficilmente sormontabile per le donne che decidono di abortire. Maroni faccia come Zingaretti e adotti il medesimo decreto. Non solo, riveda i requisiti di accreditamento per i consultori privati prevedendo la piena applicazione della legge 194.

La chiusura dei servizi sociosanitari di via Fantoli e viale Suzzani di Milano, una scelta sbagliata - I servizi sociosanitari di via Fantoli e viale Suzzani di Milano chiusi o ridimensionati per risparmiare il canone d’affitto. Questa la risposta dell’assessore alla Famiglia, solidarietà e volontariato, Maria Cristina Cantù a un ‘interrogazione, di cui sono prima firmataria, discussa oggi in Commissione sanità. Lo scorso febbraio, è stato chiuso il Punto di fragilità di via Fantoli e accorpato a quello di via Oglio, meno accessibile con i mezzi pubblici e quindi di difficile utilizzo per gli utenti, che sono in grande maggioranza anziani. Il 23 giugno scorso sono state chiuse anche le attività psicosociali di viale Suzzani e accorpate a quello di piazzale Accursio. A rimanere attivo è stato solo lo spazio per la somministrazione del metadone.
Nell’interrogazione avevamo chiesto all’assessore di rivedere la decisione ma la risposta è stata negativa. In Commissione è stato spiegato che le due scelte sono state dettate dalla necessità di ridurre i costi di gestione delle strutture, in particolare di tagliare la spesa per gli affitti troppo alti.
La giustificazione è inaccettabile, perché risponde ancora una volta a una logica di tagli, che è già stato dimostrato essere inefficace e dannosa. La scelta è incoerente. Da una parte la Regione annuncia di voler potenziare i servizi territoriali dall’altra taglia le strutture,andando così a indebolire la già fragile rete esistente. Ma non solo. Ci risulta che la decisione sia stata assunta senza coinvolgere i consigli di zona e senza informare adeguatamente gli utenti. L’ennesima scelta sbagliata.

Beni dismessi degli ospedali lombardi: Grazie al Pd possibili risparmi per 250 mila euro - In Consiglio Regionale, nel corso della discussione del progetto di legge 154, un documento omnibus volto a razionalizzare gli interventi regionali, anche in ambito sanitario, è stato approvato un emendamento, di cui sono prima firmataria, che potrebbe far risparmiare alla Regione 250 mila euro.
L’emendamento si riferisce a un articolo della legge che riforma il modo di destinare attrezzature sanitarie e arredi dismessi dagli ospedali lombardi, ampliando la platea dei beneficiari a enti non governativi, ecclesiastici, associazioni non profit, rappresentanze diplomatiche e Croce Rossa. In questo modo si migliora la normativa precedente, che destinava i beni dismessi a un numero molto ristretto di beneficiari. Il testo proposto all’aula prevedeva però anche l’apertura di un bando di gara per individuare una realtà privata che avrebbe dovuto gestire l’organizzazione dell’affidamento dei beni dismessi. Un esternalizzazione inutile, l’assegnazione infatti può essere gestita direttamente dalle strutture della Regione. Con il nostro emendamento abbiamo chiesto di eliminare questa parte della norma, mettendo così la Regione nella condizione di risparmiare 250 mila euro, che potranno essere devoluti ad altre associazioni impegnate nel sociale.
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