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Contrasto alle mafie: gli strumenti nella dimensione istituzionale nazionale e regionale

Scritto da Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli
Intervento al convegno organizzato in Senato dalla Commissione Parlamentare Antimafia sul tema: "Contrasto alle mafie: gli strumenti nella dimensione istituzionale nazionale e regionale" (video).

Stiamo facendo un importante lavoro per sostenere e cercare di diffondere su tutto il territorio nazionale il l’attività delle Commissioni Antimafia regionali e locali. È giusto, infatti, che gli organismi costituitisi nelle istituzioni locali siano collegati al lavoro della Commissione Antimafia nazionale ed è giusto che ci si coordini anche su ciò che devono fare le Commissioni, scambiandoci esperienze e mettendo in comune le diverse modalità di lavoro.
Una delle parti fondamentali del lavoro svolto dalla Commissione Antimafia in questa legislatura è stato fatto, soprattutto sul versante conoscitivo, insieme all’Università degli Studi di Milano e a Nando Dalla Chiesa, oltre che con moltissime audizioni e missioni sui territori, e riguarda la presenza delle mafie al Nord (in particolare della ‘ndrangheta). Su questo aspetto, infatti, fin dall’inizio ci è sembrato che avessimo bisogno di svolgere approfondimenti per capire meglio come si muovevano le organizzazioni criminali, come sono organizzate, cosa fanno. Al Nord, infatti, siamo in presenza di una ‘ndrangheta che ha una grande capacità di mimetismo, che si nasconde e che ha l’obiettivo di insediarsi per penetrare l’economia legale, come dimostrano le inchieste in corso.
Se non riusciamo a comprendere questa situazione e a capire come si muovono le mafie, difficilmente riusciremo a creare le barriere e gli anticorpi per prevenire e combattere la ‘ndrangheta.
Inoltre, abbiamo spesso delle visioni romanzesche sul tema delle mafie ma in realtà la ‘ndrangheta è insediata in tutti i territori del Nord, come mostrano chiaramente le inchieste e anche l’esperienza concreta.
L’ultima inchiesta che ha coinvolto il Comune di Seregno (che è la prosecuzione della precedente inchiesta Infinito della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano), ad esempio, racconta che c’è la ‘ndrangheta, che c’è una disponibilità da parte delle imprese a farsi tramite, che c’è un’omertà diffusa ma che c’è anche una disattenzione da parte della politica. Quando si violano le regole, quando non c’è trasparenza, quando non si ha rigore amministrativo, spesso, si finisce per favorire la ‘ndrangheta.
Quando si fanno varianti urbanistiche violando le regole, ad esempio, bisogna sapere che, da chiunque venga quella pressione, dietro ci può essere la criminalità organizzata a beneficiarne.
E poi è anche inutile stupirsi.
In questi giorni, ho visto una serie di reazioni di incredulità di fronte alla notizia di quanto accaduto mentre, invece, leggendo le ordinanze, si capisce benissimo che c’erano tutti i segnali per comprendere che erano in corso dei problemi.
A Cantù, ad esempio, tutti i locali di una piazza sono stati intimiditi, ci sono state continue risse e continue provocazioni per mesi e mesi e tutti sapevano chi le faceva. Arrivare, quindi, a stupirsi se si scopre che lì c’è la ‘ndrangheta è veramente il segno che c’è stata una sottovalutazione da parte della politica e anche da parte della società civile sulle presenze criminali al Nord. Va ricordato che solo fino a qualche anno fa c’erano anche Prefetti che negavano la presenza delle mafie al Nord.
Credo, quindi, che su questo si debba fare un grande lavoro e che le Commissioni Antimafia servano.

Venendo alla discussione di questi giorni relativa al nuovo Codice Antimafia, trovo incomprensibili le polemiche che si stanno facendo.
La riforma del Codice Antimafia è una buonissima legge per quanto riguarda i beni confiscati; riorganizza l’Agenzia e la gestione dei beni, ha raccolto le domande che magistratura e associazioni avevano posto sulle questioni che non funzionavano e che ora sono state sistemate.
Del nuovo Codice Antimafia, difendo anche l’articolo 1.
Questa, a mio avviso, non è una legge liberticida ma è una legge più garantista di quella che c’era prima. Il nuovo Codice, in merito al sequestro e alla confisca dei beni, prevede infatti un momento di dibattito, ci vuole l’indizio di colpevolezza, c’è la possibilità del ricorso, c’è un organo collegiale che decide il sequestro e non più monocratico come invece era prima e come è nel processo penale. Ci sono, quindi, più garanzie e trovo incomprensibile che scoppino ora la polemica e questo polverone, dopo 3 anni e mezzo di discussioni, dopo 2 anni che la legge è stata approvata dalla Camera dei Deputati e dopo che erano stati presentati anche emendamenti in Aula in cui su questo tema non c’era nulla.
Trovo incomprensibile anche che la polemica venga da parte delle imprese che, con il nuovo Codice Antimafia, vedono codificata la possibilità di non perdere l’appalto che si sono aggiudicate se c’è un loro amministratore coinvolto nella ‘ndrangheta perché possono sostituire quell’amministratore senza perdere nulla. Si tratta di norme, quindi, che vanno a favore delle imprese e non contro.
Temo, dunque, che si stia creando un polverone davvero incomprensibile e penso che dovremo fare un dibattito anche con Confindustria su questi aspetti, lontano dalle polemiche del contingente, chiarendoci punto per punto sulle cose contenute nella riforma del Codice Antimafia e su come quella legge aiuti anche le imprese, che oggi hanno il problema di liberarsi della ‘ndrangheta come noi se non più di noi perché sono loro oggi l’oggetto di interesse della ‘ndrangheta.

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