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Quale politica per la legalità

Scritto da Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli
Intervento all’incontro “La corruzione alimenta le mafie. Quale politica per la legalità” svolto alla Festa Nazionale dell’Unità a Ravenna (video).

Penso che dobbiamo da subito, al di là di ciò che c’è scritto nei 26 punti che poi andranno tutti approfonditi, costruire una discontinuità sui temi della legalità, della lotta alla corruzione, della lotta alle mafie rispetto a quello che è stato il Governo giallo-verde, dove queste questioni sono state affrontate non da M5S, come ci aspettavamo, ma principalmente da Salvini.
In questo anno e mezzo, il Governo giallo-verde ha dato un’impronta precisa all’idea di legalità che avevano. Sono stati fatti due Decreti denominati “Sicurezza” ma nessuno dei due si è occupato dei problemi veri della legalità e della sicurezza in Italia che sono la lotta alle mafie e la lotta alla corruzione.
Il Governo giallo-verde ha spiegato ai cittadini che i problemi di sicurezza e di legalità del Paese sono costituiti dagli immigrati, dai clochard, dai parcheggiatori abusivi… Nei due Decreti “Sicurezza” ci sono norme di ogni tipo che riguardano queste categorie, come se in Italia legalità e sicurezza dipendessero solo da questo. Non c’è neanche una norma per intervenire sui furti in appartamento. Non c’è nulla sulla corruzione e non c’è nulla sulle mafie.
L’unico intervento che si è fatto in tema di mafie è stato nel primo “Decreto Sicurezza” in cui si è stabilito che, invece di aspettare troppo tempo, i beni confiscati alle mafie si possono vendere subito a chi li vuole comprare, facendo venir meno il principio contenuto nella Legge Rognoni-La Torre, secondo cui i beni confiscati alle mafie devono essere restituiti alla collettività, proprio per dare anche simbolicamente il senso del fatto che si toglie alla mafia qualcosa che appartiene ai cittadini e lo si restituisce alla società.
Se dovessi indicare cosa dovrà fare il nuovo Governo direi che deve riprendere il filo che avevamo costruito nella precedente Legislatura. Nella scorsa Legislatura, infatti, si è fatto moltissimo per la lotta alla corruzione: è stata reinventata l’Autorità Nazionale Anti-Corruzione, grazie al lavoro di Raffaele Cantone e grazie ad un corposo intervento legislativo con cui sono stati dati ad ANAC gli strumenti per intervenire preventivamente per impedire la corruzione. Abbiamo dato ad ANAC la possibilità di guardare i capitolati d’appalto prima, in modo da poter intervenire preventivamente ed evitare che lì si creassero le condizioni favorevoli alla corruzione.
Questo è un merito che abbiamo avuto.
Avevamo poi introdotto il reato di auto-riciclaggio, reintrodotto il reato di falso in bilancio, fatto una legge anticorruzione con cui avevamo aumentato in modo intelligente le pene, avevamo modificato il Codice Antimafia per dare più forza alla lotta alla mafia e alla lotta alla corruzione e avevamo agito su tanti fronti facendo norme importanti.
In questa Legislatura, invece, con il Governo giallo-verde, si è smontato una parte di quel lavoro e per questo dico che occorre riprendere da ciò che avevamo fatto in precedenza.
In questa Legislatura, soprattutto da Salvini, è stata smontata una fase che era stata giudicata da tanti, in particolare dalle associazioni, come molto positiva. Le associazioni antimafia, al termine della scorsa Legislatura, dissero che quella era stata la Legislatura in cui si era fatto più che in ogni altra occasione contro le mafie e contro la corruzione.
Oggi è cambiato il clima. È difficile fare la lotta alla corruzione o fare la lotta alle mafie nel momento in cui c’è un Ministro degli Interni che dà l’idea ai cittadini che questi non sono problemi importanti, che la legalità non è una questione fondamentale, che si può passare sopra al rispetto delle regole se serve per fare qualche soldo in più.
In un anno e mezzo di Governo giallo-verde sono stati fatti 9 condoni. Diventa difficile spiegare a corrotti e corruttori che non si deve fare perché ci sono delle regole da rispettare se poi si fanno i condoni.
C’è, quindi, un tema complessivo.
Quante volte ci siamo sentiti spiegare da esponenti della maggioranza di Governo, quando abbiamo discusso le modifiche al Codice degli Appalti, che il problema era quello di velocizzare le opere e per raggiungere questo obiettivo si poteva anche abbassare il livello di contrasto alla corruzione. Lo hanno detto e lo hanno fatto.
Sui subappalti, sulla possibilità di moltiplicare i commissari che agiscono per gestire gli appalti in deroga alle norme, sulla possibilità per i consorzi di vincere gli appalti e di gestire poi in proprio anche i subappalti si è tornati indietro rispetto ai paletti che erano stati messi nella precedente Legislatura.
Si sono rimessi in mano a chi vuole corrompere gli stessi strumenti che erano stati tolti con il Codice degli Appalti fatto nella scorsa Legislatura.
Di cose come queste ne sono state fatte molte e tutto nascosto da una fila di Tweet con cui si spiegava che il “Decreto Spazza-corrotti” era efficace perché aumentava le pene, senza dire che se si tolgono gli strumenti per prevenire e contrastare la corruzione è inutile.
Corruzione e mafia stanno spesso insieme: oggi, al Nord c’è un evidente intreccio delle due cose, anche perché le mafie si occupano di più di affari e di penetrare nell’economia legale.
Nonostante ci sia un nesso molto stretto tra mafie e corruzione, ogni mattina siamo stati svegliati dai Tweet del Ministro degli Interni che applaudiva alle operazioni di polizia e carabinieri - perché abbiamo il miglior apparato per contrastare le mafie - con cui si colpivano gli spacciatori mentre non c’erano Tweet, se non imbarazzati o difensivi, ogni volta che arrivavano notizie su interventi della magistratura e della polizia per colpire i colletti bianchi e la corruzione, come è avvenuto in Lombardia o in Veneto in cui era implicata anche la politica. Su quel fronte, in questa Legislatura, si è regredito; noi dobbiamo rimetterci in campo con lo spirito di prima per ridare al Paese quella legalità di cui ha bisogno per crescere.

È vero che in questo anno e mezzo la politica ha vissuto come avversari alcuni soggetti.
È vero che l’Autorità Nazionale Anti-Corruzione, con il suo ruolo di verifica preventiva sugli appalti per evitare fenomeni corruttivi, fosse indicato ormai da tanti Enti Locali, non solo da Salvini o da una parte politica, come un nemico o un avversario che dava fastidio e rallentava le procedure.
In realtà ANAC non rallentava ma impediva che si potessero “aggiustare” gli appalti, cosa questa che però non veniva vissuta come un fatto corruttivo.
Quando abbiamo fatto le audizioni nelle Commissioni parlamentari mentre si discuteva il Decreto Sblocca-Cantieri, il problema che ponevano alcuni sindaci era non “come facciamo a mettere in sicurezza gli appalti per evitare infiltrazioni o episodi d corruzione” ma “noi vogliamo scegliere chi deve lavorare perché devono essere promosse le aziende del territorio”.
Su questo aspetto, nei capitolati si può trovare la possibilità di dare una mano alle aziende locali, però, penso che un sindaco debba decidere che cosa fare e come deve essere fatto ma non chi deve farlo. Nel momento in cui un funzionario pubblico vuole decidere anche chi lo deve fare, lì si creano le condizioni perché ci possa essere corruzione o comunque una violazione della concorrenza.
L’ANAC, quindi, è stata vista come un nemico.
Anche i magistrati che hanno cominciato a indagare su alcune vicende corruttive al Nord sono immediatamente stati indicati come quelli che “stavano a vedere il pelo nell’uovo”, e che “non si poteva lavorare” se il politico che metteva in contatto l’imprenditore con chi gestiva l’appalto veniva indagato.
Questa fase c’è stata.
Noi dobbiamo ripristinare una legalità in cui la politica si deve prendere la responsabilità di decidere.
La politica che si fa dettare le norme dalle forze dell’ordine o dalla magistratura non va bene, però, la politica deve essere capace di ascoltare tutti coloro che sono impegnati sul campo.
Abbiamo i migliori magistrati e i migliori apparati di contrasto della criminalità organizzata del mondo.
La Direzione Nazionale Antimafia ha talmente tante capacità investigative che da tempo gli è stato conferito anche il lavoro sul fronte della prevenzione al terrorismo e si occupa anche di combattere il terrorismo internazionale e lo sta facendo benissimo.
Abbiamo, quindi, grandi risorse ma bisogna essere capaci di ascoltarle senza essere ideologici e avendo un’idea in testa: bisogna stabilire le regole e farle rispettare perché se non si fa questo non si ottiene il risultato.
Bisogna fare questo in tutti gli ambiti, altrimenti non ce la facciamo a ricostruire un Paese in cui il tema della legalità è centrale non soltanto per un fatto etico ma anche per ragioni concrete.
Un Paese in cui la concorrenza funziona e, quindi, vince il migliore e chi corrompe o paga; in cui il mercato funziona perché si premia la qualità e non chi ha amici utili; in cui gli stranieri possono investire sapendo che non dovranno poi sottostare a regole corruttive, sarà migliore per tutti e potrà crescere molto di più, oltre che essere anche un Paese eticamente migliore.

Per seguire l'attività del senatore Franco Mirabelli: sito web - pagina facebook

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