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ANPC: un racconto che diventi messaggio ai giovani

Scritto da Luisa Ghidini Comotti.

Articolo di Luisa Ghidini Comotti, Referente Città metropolitana di Milano ANPC, pubblicato da Il Sicomoro.

Senza la memoria si rischia di ripetere gli errori ed è per questo che come Associazione Nazionale Partigiani Cristiani (ANPC) cerchiamo di trasmettere i valori che ci caratterizzano - che hanno contraddistinto i partigiani cristiani sia durante la Resistenza che dopo - ai nostri ragazzi.
Ma il racconto deve sfociare in un messaggio che i giovani accolgano e replichino nel loro vivere quotidiano. Quando parliamo di partigiani dobbiamo aver presente che erano ragazzi giovani che si trovarono l8 settembre 1943 a fare una scelta. I partigiani scelsero allora di lottare per liberare la Patria dall’occupante nazista e fascista. Ci sono figure note e meno note, ed anche nella Città Metropolitana di Milano abbiamo testimoni ai quali ci rifacciamo: ad esempio, Teresio Olivelli, Carlo Bianchi, Don Giovanni Barbareschi (vedi docu-film ‘Aquile Randagie’).
Oggi mi soffermerei su due figure che con il loro esempio hanno fatto crescere un pensiero all’interno della società civile: solidarietà, rispetto della persona e amore incondizionato soprattutto verso gli ultimi.
Don Enrico Bigatti nasce a Crescenzago (MI) il 25 giugno 1910. E’ ricordato per il suo impegno verso i più bisognosi e nella sua Crescenzago è un punto di riferimento. Una persona che si è spesa per gli altri, verrebbe da dire, ma don Bigatti ha tenuto precisi e preziosi diari che sono una documentata testimonianza di quella che fu la Resistenza dei partigiani cristiani. E’ ricordato anche per un fatto avvenuto nell’aprile 1945, dove ha evitato una strage tra i tedeschi in ritirata e i partigiani che li aspettavano lungo le sponde del Naviglio Martesana (p.zza Costantino), armato solo della sua fede cristiana.
A ricordo di questo episodio rimane una pittura della “Madonna della Liberazione” da lui voluta a ricordo perenne di questo fatto storico.
Altra figura è Beata Suor Enrichetta Alfieri, meglio conosciuta come Mamma di San Vittore. Nata a Borgo Vercelli il 23 febbraio 1891, Suor Enrichetta entra tra le Suore della Carità nel 1911, di Vercelli. Nel 1923 viene trasferita a Milano presso il carcere di San Vittore.
L’impegno di Suor Enrichetta Alfieri tra i detenuti si distingue soprattutto nel periodo della Resistenza. Membro della Resistenza e staffetta partigiana, Suor Enrichetta nasconde lettere e messaggi per i detenuti. Per questa attività viene accusata di spionaggio e arrestata il 25 settembre 1944. Grazie al Card. Ildefonso Schuster, la pena di morte viene commutata e suor Enrichetta viene internata nell’Istituto Palazzolo di Grumello al Monte.
A guerra finita, l’8 maggio 1945, alcuni membri della Resistenza la riaccompagnano a San Vittore, dove continuerà la sua opera di carità sino alla morte avvenuta a novembre 1951.Nel 1985 il Card. Carlo Maria Martini le assegna alla memoria la medaglia d’oro con attestato di riconoscenza della Chiesa di Milano “per l’opera svolta negli anni della Guerra di Liberazione attuando quella ‘ribellione per amore’ che riscattò l’omo da menzogna, viltà e paura”. Nel 1991 il Comune di Milano le conferisce alla memoria l’Ambrogino d’oro.
Sono solo due delle tante figure che quotidianamente hanno vissuto gli insegnamenti cristiani, a rischio anche della loro vita. Grazie a loro noi oggi possiamo vivere in un Paese democraticamente libero.
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