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Un difficile anno europeo

Scritto da Patrizia Toia.

Articolo di Patrizia Toia.

Si chiude un altro anno complicato, dopo quello passato ad affrontare la pandemia e a “risorgere” dal disastro economico e sociale con una ricostruzione più sostenibile e socialmente giusta, grazie all’aiuto europeo del Next Generation EU.
Quest’anno le traversie politiche (la caduta del governo Draghi, che ha fatto molto bene per il nostro paese, ci ha portato ad elezioni anticipate con la creazione di una nuova maggioranza parlamentare) si sono accompagnate ad una grave crisi energetica e alla ricomparsa della guerra sul suolo europeo, mai lontanamente immaginabile per un popolo vissuto 80 anni nella pace.
La Russia ha invaso l’Ucraina e ha messo in atto una aggressione durissima rivolta anche contro la popolazione civile ed in particolare ai più deboli: i bambini, i malati, gli anziani.
Sono state calpestate le regole del diritto internazionale ed attaccate con ferocia l’autonomia e la sovranità di un paese e del suo popolo.
Questo attacco vuole colpire anche il modello di democrazia europea, basato sulla libertà e sui diritti.
L’Europa è stata da subito compatta nella reazione e totalmente schierata a fianco dell’Ucraina con ogni sostegno necessario.
Certamente la nostra Unione lavora anche per cogliere e favorire ogni possibile spiraglio di dialogo tra le parti, per un cessate il fuoco e la costruzione di una pace, basata sulla difesa dei diritti degli aggrediti.
Anche in questo difficile contesto, l’Europa ha riconfermato la sua strategia e le sue politiche per la decarbonizzazione dell’economia e per una transizione verso la sostenibilità, pur con i tempi e le modalità adattate a questo nuovo tempo.
L’energia, in particolare, è al centro di molti interventi di breve, di medio e di lungo periodo.
Nel breve si è garantita la sicurezza degli approvvigionamenti obbligando gli Stati Membri a riempire i loro stoccaggi per affrontare l’inverno. Su questo l’Italia è stata tra i paesi più previdenti e pronti.
Ed intanto si lavora alacremente per cambiare radicalmente il nostro modello di approvvigionamento energetico con un nuovo mix che punti al superamento del fossile e al potenziamento delle rinnovabili (in primis il solare), di biogas e biometano e dell’idrogeno.
Liberarci dalla dipendenza dal petrolio e dal gas russo è ormai un imperativo (basti pensare che l’Europa, che aveva un 40% di gas russo sul totale delle sue importazioni, ora l’ha ridotto al 9%).
Abbiamo in brevissimo tempo diversificato gli approvvigionamenti per affrontare l’immediato futuro. Ed anche su questo fronte l’Italia, con Draghi, ha fatto un buon lavoro trovando altri fornitori in paesi più stabili e sicuri.
L’impegno per produrre più rinnovabili e, in futuro, più idrogeno e più biocarburanti è ben delineato in RePowerEU.
Nel Piano è disegnato il nostro futuro, che è già in corso, e per questo stiamo rivedendo regole e strategie per le “nuove energie” da sviluppare, anche “obbligando” i Paesi Membri ad agire più in fretta con i permessi e le autorizzazioni, come stiamo facendo con la ReD 4 (la direttiva sull’energia rinnovabile) che definisce questi impianti “opere di interesse pubblico”.
Insomma, una grande virata verso l’energia elettrica, soprattutto quella ottenuta da rinnovabili (e non da gas!).
Sempre nel presente, e purtroppo in ritardo, stiamo trovando soluzioni al problema oggi più grave: il prezzo del gas.
Proposte come quella del “tetto al prezzo” sono state finalmente condivise dalla maggioranza dei Paesi e varate dal Consiglio a fine anno. In particolare, la proposta adottata potrà entrare in vigore qualora il prezzo arrivi a 180 euro a megawattora per tre giorni, comportando, a quel punto, un blocco del prezzo.
L’accordo non è particolarmente ambizioso, ma ha due importanti significati: il primo è che questo accordo serve comunque da deterrente rispetto alle manovre “speculative”, e il secondo è che emerge finalmente un’unità di intenti per agire insieme di fronte a questa sfida.
Contemporaneamente si stanno percorrendo altre vie e costruendo altre soluzioni: quella degli acquisti comuni di gas (come abbiamo fatto con i vaccini) per impedire la concorrenza tra gli Stati che porta inevitabilmente a un aumento dei prezzi, e quella del controllo sul funzionamento della piattaforma di Amsterdam, il famoso TTF, dove avvengono gran parte degli scambi (vendita e acquisto di gas) e dove è necessario “tenere a freno” una speculazione alimentata da una parte della finanza e da certi prodotti “finanziari” che, nati come assicurazione rispetto alla volatilità dei prezzi, sono diventati prodotti pericolosi per la stabilità del mercato.
Per il medio e lungo periodo, abbiamo fatto delle scelte ambiziose come lo stop alle auto con motore a combustione dopo il 2035.
Scelte che possono essere viste come interventi troppo forti, ma che rispecchiano la volontà di lasciare un futuro migliore ai nostri figli e nipoti (come ben ricorda l’articolo 9 della nostra Costituzione, recentemente riformato).
Queste scelte sono viste con preoccupazione da imprenditori e lavoratori ma invece possono aiutare il nostro sistema italiano ed europeo ad essere innovativo e competitivo. Naturalmente sarà necessario che queste scelte ambientali siano accompagnate da altrettante politiche industriali e di formazione professionale.
Fare politiche industriali ed innovazione tecnologica significa, ad esempio, aumentare la nostra capacità di investire sulle batterie (per la mobilità sostenibile) e sui chip per tutte le necessità digitali nei processi produttivi. Ed è esattamente ciò che l’EU sta facendo, anche attraendo investimenti esteri in questi campi.
Fare politiche industriali significa inoltre accompagnare la riconversione di tutto il comparto e dell’indotto dei settori investiti dal cambiamento. Per questo, sono previsti interventi di formazione per la riqualificazione professionale e la nuova formazione delle competenze che saranno richieste dalle nuove produzioni.
Sul piano sociale le due scelte più rilevanti di questo anno sono state quelle del “salario minimo”, e spero che l’Italia non sfugga dall’impegno di applicarla, e quella sui diritti dei lavoratori delle piattaforme digitali.
Per il nuovo anno dovremo: completare l’importantissimo corpo giuridico che abbiamo creato per tutte le applicazioni del digitale e dell’intelligenza artificiale, dai servizi prestati sulle piattaforme (cui abbiamo finalmente imposto qualche obbligo e responsabilità) ai mercati digitali, alla responsabilità sui prodotti e servizi digitali, alla gestione dei dati e della loro governance, all’importante campo della creazione di uno “spazio dei dati per la salute”.
Segnalo infine altri due temi:
la difesa del nostro sistema produttivo e manifatturiero, anche con un “fondo sovrano”, perchè oltre alle minacce asiatiche c’è una forte concorrenza americana col recente IRA (Inflaction Reduction Act) che privilegia e sussidia le produzioni nazionali.
il tema della governance economica e delle riforme. Il patto di stabilità va cambiato e deve diventare il patto della crescita. È stata presentata dalla Commissione europea una prima proposta con alcune positive novità, ma c’è ancora molto da lavorare per uscire definitivamente da una visione troppo restrittiva e ancora di austerità che non aiuta gli investimenti necessari alla crescita.
Le riforme sono la nostra pena e il nostro sogno.
I trattati vanno rivisti.
Il Parlamento lo ha chiesto e vuole che attraverso una Commissione ad hoc si apra questo “spinoso” cantiere, superando diffidenze e timori per imboccare la strada di una profonda riforma politica e istituzionale dell’Europa.
Io ci credo e credo al disegno federativo, non credo a quello confederativo che aggraverebbe le miopie e gli egoismi nazionali a scapito della crescita come “bene comune”. Intanto mi accontenterei di passaggi parziali ma indispensabili, come l’abolizione del principio dell’unanimità per le decisioni del Consiglio.
La speranza è nel coraggio del cambiamento, che è anche una esigenza di realismo perchè se l’Europa non fa un passo avanti nella sua integrazione non può esercitare il ruolo di primo piano e di attore globale che questa stagione europea e mondiale le richiedono.
Mi scuso per questa lunga lettera, ma l’Europa è oggi troppo importante per ridurla a poche idee.
Un abbraccio, un saluto e un augurio di un Felice Anno Nuovo.

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