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Con Borrelli la “Legge è uguale per tutti” tornò a avere senso

Scritto da Giancarlo Caselli.

Giancarlo Caselli
Intervista di La Presse.

Quando erano rispettivamente a capo della procura di Milano e di quella di Palermo, hanno collaborato a diverse indagini, mettendo a nudo gli intrecci tra mafia affari e politica. E contribuendo a cambiare il volto dell'Italia. Quello che legava Francesco Saverio Borrelli a Giancarlo Caselli, però, non era solo un rapporto di stima professionale e personale ma anche un comune sentire nell'interpretare il ruolo di magistrati.
Procuratore Caselli, qual è il suo ricordo personale di Borrelli?
Quando ero procuratore capo di Palermo e Borrelli di Milano, i momenti di "incrocio" sono stati numerosi. A Milano una volta nella stanza di Borrelli si svolse una riunione affollatissima con Di Pietro, Colombo e altri pm milanesi da un lato e noi magistrati di Palermo dall'altro. A Milano era in pieno svolgimento Tangentopoli e noi stavamo avviando una Tangentopoli siciliana che ci ha consentito di ricostruire i meccanismi illegali di molti appalti nell'isola, rivelandoci allo stesso tempo le strette interconnessioni tra le segrete attività di non pochi politici e gli interessi sporchi di cosche potenti alleate anche con insospettabili imprenditori del Nord. In quello in tanti altri casi, lo scambio di dati e informazioni fu importantissimo.
E sul piano professionale?
Di Borrelli vorrei ricordare la vicenda complessiva. Prima di Borrelli, la scritta che compare nei Tribunali la 'Legge è uguale per tutti' faceva persino ridere. Tradizionalmente la giustizia se la prendeva con i fanti e non sfiorava neanche i santi. Con Tangentopoli e Mafiopoli si sviluppano una notevole quantità di processi per corruzione a mafia, coinvolgendo anche imputati eccellenti prima sempre risparmiati dalle indagini. Ecco allora che la gente comincia ad avere più fiducia nella gente. E in questa stagione Borrelli ha ruolo di decisiva importanza come straordinario direttore d'orchestra del pool di Milano. Dico di più. Nel Paese i cittadini sono abituati a uno Stato con i volti impresentabili di persone che con il malaffare ci convivono. Borrelli e la sua squadra hanno creato una nuova rispettabilità dello Stato e hanno consentito alla gente di riempire di significato la formula 'Lo Stato Siamo Noi'.
Qual è l'eredità che a 30 anni di distanza ha lasciato Mani Pulite?
Piercamillo Davigo, il 'dottor Sottile' del pool, al termine dell'esperienza di Mani Pulite spesso ha dichiarato piuttosto amaramente che quelle inchieste anno finito per essere un'occasione perduta perché invece di cancellare la corruzione hanno "migliorato la razza predatoria". Perchè è successo? Di corruzione ce n'è ovunque nel mondo e noi non siamo certo i peggiori. Ma la caratteristica specifica del nostro Paese era che chi a tavola veniva scoperto a mettersi "le poste d'argento in tasca", invece di essere allontanato, continua a banchettare. Oggi con la legge Spazzacorrotti, che prevede tutta una serie di misure tra cui il Daspo, è la concreta speranza che la situazione possa cambiare. La nomina di Borrelli da parte del Csm alla guida della Procura di Milano avvenne aldilà delle correnti? Per fortuna con Borrelli non si ripetè la storia vergognosa di Giovanni Falcone, che nonostante i suoi meriti indiscutibili fu bocciato quando si trattò di nominare il capo del pool antimafia di Palermo al posto di Caponnetto e venne umiliato perché al suo posto fu designato un magistrato talmente digiuno di processi di mafia da dire che del metodo Falcone non si sapeva cosa farsene. Borrelli, invece, fu eletto per i suoi meriti indiscutibili e la sua elezione avvenne senza eccessivi problemi.
L'invito di Borrelli alla magistratura a 'resistere, resistere, resiste' e restare indipendente delle influenze della politica suona quanto mai attuale.
Borrelli fu duramente attaccato. Ricordo che Berlusconi definì le indagini milanesi sulla corruzione "l'ultima di una serie di intimidazioni pubbliche, del tutto estranee a uno Stato di diritto, sintomi della faziosità eletta a sistema giudiziario". Addirittura il portavoce di Forza Italia, l'onorevole Bondi propose di istituire un commissione parlamentare contro quella "associazione a delinquere". Attacchi furibondi. Inizialmente però c'era un forte sostegno della opinione pubblica, che poi via va si sgretolò. Ed è anche per via di questo che Borrelli pronuncia le celeberrime parole: "ai guasti di un pericoloso sgretolamento della volontà generale, al naufragio della coscienza civica nella perdita del senso del diritto, ultimo, estremo baluardo della questione morale, è dovere della collettività resistere resistere resistere come in una irrinunziabile linea del Piave". Parole di estrema attualità ma oggi se un magistrato dovesse mai ripeterle durante una inaugurazione di un anno giudiziario, sicuramente gli sarebbe opposto un pregiudizio che sta dilagando, quello secondo cui se i magistrati vogliono parlare, si devono fare eleggere dal popolo italiano. Altrimenti sono degli eversori.