Chi cerca sempre nemici non è compatibile con libertà e democrazia

Libertà e democrazia incompatibili con chi fomenta continuamente lo scontro. È il nuovo messaggio pronunciato dal Capo dello Stato Sergio Mattarella nel discorso in occasione del concerto al Quirinale per il corpo diplomatico che apre le celebrazioni della Festa della Repubblica.
"Va ricordato che in ogni ambito libertà e democrazia non sono compatibili con chi alimenta i conflitti - afferma Mattarella - con chi punta a creare opposizioni disseminate fra le identità, con chi fomenta scontri, con la continua ricerca di un nemico da individuare, con chi limita il pluralismo".
"Soltanto la via della collaborazione e del dialogo permette di superare i contrasti e di promuovere il mutuo interesse nella comunità internazionale", aggiunge sottolineando anche come le ultime elezioni europee siano state "un grande esercizio di democrazia".
Lavoro e solidarietà invece sono stati i due punti fermi nel discorso tenuto questa mattina dal presidente della Repubblica ai prefetti, sempre in occasione della giornata del 2 giugno.
Il capo dello Stato ha parlato di un "momento in cui, specie in alcune aree del Paese, le incertezze del ciclo economico sembrano non offrire solide prospettive a molti lavoratori, soprattutto giovani, ed alle loro famiglie". Parole che arrivano in un'Italia agitata dalle incertezze sui conti pubblici e dalle ripercussioni sui mercati.
Poi ha lanciato un richiamo a tutti, in un'Italia scossa dalle divisioni (quest'anno si registra perfino la defezione di alcuni generali rispetto alla tradizionale parata).
Infine ha ricordato la difesa dell'unità nazionale. "La pluralità e diversità, che la Carta repubblicana ha voluto garantire - ha sottolineato Mattarella - vive nella leale collaborazione fra lo Stato e le autonomie, nella sinergia fra i livelli di governo, nell'esercizio quotidiano dei principi di solidarietà e sussidiarietà, finalizzati ad assicurare l'unità della nazione insieme all'efficacia dell'azione pubblica".
"Ai prefetti, attori di coesione sociale e istituzionale - ha detto il capo dello Stato - spetta il compito di favorire un'efficace sintesi delle complessità e di porsi al servizio delle istanze dei territori, non solo per farsene interpreti presso le autorità centrali di governo, ma anche per offrire soluzioni stimolando intese e collaborazioni in sede locale".
Avendoli tutti davanti - alte cariche, grand commis, politici, ambasciatori - Sergio Mattarella non ha perso l’occasione per far pesare ciò che più lo preoccupa. L’ha detto col solito garbo e senza sgualcire la Festa della Repubblica che si è celebrata poco dopo nei giardini del Quirinale: ormai forse l’unico luogo dove tutti si sentono di casa e civilmente colloquiano tra loro sovranisti e anti, rappresentanti della famigerata “Casta” e populisti della più bell’acqua.
Il presidente ha voluto ricordare che, «in ogni ambito, libertà e democrazia non sono compatibili con chi alimenta i conflitti, con chi punta a creare opposizioni dissennate tra le identità, con chi fomenta scontri, con la continua ricerca di un nemico da individuare, con chi limita il pluralismo». A cosa, e soprattutto a chi, Mattarella si riferisca, non serve troppa immaginazione per intuirlo.Il capo dello Stato è allarmato dal successo politico che riscuotono (non solo in Italia) gli «odiatori» e ne teme le conseguenze. Lo segnala nel giorno più solenne della nostra Repubblica, quando si celebra l’atto di nascita, quasi a rimarcare come lo scatenamento degli istinti più belluini non si sia placato con le elezioni europee, e dal Colle si colgano purtroppo segni allarmanti di nuove tensioni. Una campagna elettorale che non finisce mai.
Aiuta meglio a capire lo stato d’animo presidenziale il messaggio che, di prima mattina, Mattarella aveva inviato ai prefetti. In due paginette, aveva riassunto una sorta di vademecum costituzionale che valga come bussola per i rappresentanti dello Stato sul territorio, e li aiuti a tenere la rotta salda in mezzo alle tempeste politiche. Tanto per cominciare, il presidente chiede loro di farsi «attori di coesione sociale e istituzionale». Dunque di lavorare per ricucire il tessuto del Paese e di non prestarsi a chi vorrebbe lacerarlo ulteriormente.
L’iniziativa dei prefetti può essere rilevante sotto molti profili. Sul terreno della sicurezza e dell’ordine pubblico, in primo luogo. Guarda caso, dopo certe polemiche sull’operato delle forze di polizia, Mattarella chiede di tenere a mente «lo spirito della Costituzione repubblicana» e dunque «i limiti che pone alle autorità, nel segno del primato della legalità». Come dire: le leggi sono leggi e nessun ministro, per quanto potente, potrebbe far finta che non esistano.
Ma i prefetti hanno facoltà e spesso il dovere di intervenire nelle crisi aziendali sul territorio, come autorità pubblica incaricata di cercare «un punto d’incontro che anteponga il bene generale alle convenienze particolari». In questo caso, la preoccupazione del presidente riguarda un’economia che sprofonda nella crisi: «Le incertezze del ciclo economico sembrano non offrire solide prospettive a molti lavoratori, soprattutto giovani, e alle loro famiglie».
Altro che ripresa dietro l’angolo: Mattarella non abbocca alla propaganda governativa, e invita i prefetti a rimboccarsi le maniche. Non da soli, ma «con il concorso generoso del volontariato e dell’associazionismo, che meritano la stima e il sostegno delle istituzioni» sebbene spesso qualche politico li consideri un intralcio.