Le feste della nostra Democrazia

La migliore risposta a queste provocazioni sono state le migliaia di giovani scesi in piazza in tutta Italia per celebrare la Festa della Liberazione, raccogliendo il testimone dei partigiani e di quanti hanno combattuto anche per la nostra libertà e che oggi magari non ci sono più. È stato così a Milano, a Roma, a Como e nelle grandi città e in migliaia di Comuni in tutta Italia. Ma ciascuno di noi deve sapere che custodire e tramandare la memoria è un dovere che dobbiamo esercitare ogni giorno, per “resistere” a chi oggi vorrebbe di nuovo affermare, magari in forma diversa, i disvalori che 74 anni fa sono stati sconfitti dalla lotta di liberazione e dalla faticosa costruzione di una Repubblica democratica che si fonda proprio sul lavoro.
“Il primo maggio è come parola magica che corre di bocca in bocca, che rallegra gli animi di tutti i lavoratori del mondo, è parola d’ordine che si scambia fra quanti si interessano al proprio miglioramento”. Ancora oggi a distanza di più di cento anni sarà così: una giornata di lotta per il lavoro che non c’è, il lavoro sfruttato e sottopagato, il lavoro insicuro e ancora esposto a troppi rischi per i lavoratori. Il lavoro che continua ad essere la principale arma pacifica per liberarsi dalla oppressione e dalla dipendenza, non solo economica, delle donne; l’unico strumento per garantire dignità e libertà e per combattere la violenza e la sopraffazione delle mafie. Ecco perché assume un particolare valore la scelta fatta quest’anno dai sindacati CGIL, CISL e UIL che hanno deciso di celebrare il 1 maggio nella nostra provincia in un luogo simbolico, a Cantù in piazza Garibaldi, teatro di episodi violenza da parte della criminalità organizzata, come confermato dalle condanne per cento anni emesse dal tribunale di Como la scorsa settimana.
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