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Il 25 aprile non è un "derby"

Scritto da Emanuele Fiano.

Emanuele FianoMe la ricordo bene la pioggia a Milano quel 25 Aprile del 1994. Venivamo dalla batosta del 27 e del 28 Marzo. Berlusconi aveva vinto, stravinto. La sinistra era alle corde. La “gioiosa macchina da guerra” era andata a sbattere contro un muro, e quel corteo del 25 Aprile si era trasformato in una dimostrazione di resistenza.
Volevamo dimostrare che la sinistra non era morta in Italia, che Berlusconi non rappresentava tutta l’Italia. Ad un certo punto, spuntò Bossi, circondato da un nutrito gruppo di leghisti, ci furono insulti e fischi, magari anche qualche spintone, ma io ricordo un applauso, sotto la pioggia, all'arrivo del “Senatur” in Piazza del Duomo, un applauso sorpreso ma compiaciuto.
Ci fu ovviamente un corto circuito tra antiberlusconismo ed esaltazione della resistenza. Secondo me sbagliato. Tuttavia con quell'applauso si celebrava l’inizio di una crepa nel governo; io non ho mai creduto che la Lega fosse una “costola della sinistra”, ma certo nel novembre di quell'anno Bossi fece finire il primo Governo Berlusconi, e quel giorno, il 25 Aprile, nell'anteprima di quel divorzio, parlando disse:” il nostro posto è li, noi siamo antifascisti”.
Poi venne addirittura Berlusconi ed il suo omaggio ad Onna, “La Resistenza è - con il Risorgimento - uno dei valori fondanti della nostra nazione, un ritorno alla tradizione di libertà.” disse quel 25 Aprile del 2009. Ognuno può interpretare quelle parole e quella celebrazione come vuole, ma le parole rimangono, sono pietre. “Ma tutti seppero accantonarono le differenze, anche le più profonde, per combattere insieme. I comunisti e i cattolici, i socialisti e i liberali, gli azionisti e i monarchici, di fronte a un dramma comune, scrissero, ciascuno per la loro parte, una grande pagina della nostra storia. Una pagina sulla quale si fonda la nostra Costituzione, sulla quale si fonda la nostra libertà”. Non lo dico per esaltare Berlusconi, dal quale mi divide una vita di militanza politica, ma perché le parole di un avversario politico, quando vere, hanno ancora più valore.
Mi sono ricordato di questo tratto di storia recente, anche personale, leggendo ieri le parole costruite a tavolino, scientificamente provocatorie di Matteo Salvini, il presunto leader della nuova internazionale nera dell’Europa. Salvini diserterà la festa della Liberazione, “Non mi interessa il derby fascisti-comunisti” “ci saranno fazzoletti rossi, verdi, neri, gialli e bianchi. Io vado a Corleone a sostenere le forze dell’Ordine nel cuore della mafia.”
Un derby c’è solo nella tua testa, Salvini. Nessuna mente mediamente cosciente della nostra storia, nessun osservatore in buona fede, nessuna persona che non abbia una poltrona incollata al proprio cinismo, potrebbe pensare che la battaglia per la liberazione dai fascisti e dai nazisti sia stato un derby.
A meno che tu non sia Salvini, a meno che tu non sia un leader della destra populista, a meno che tu non abbia bisogno di dividere il popolo, per fomentarne la rabbia, per esaltarne i problemi materiali, per distrarli dai tuoi fallimenti, con l’economia che sta a zero, l’occupazione in negativo, le tasse in aumento come il debito. Perché la destra vince se divide, perché se unisce perde, se pacifica, se collabora, se prova a comprendere, allora deve ammettere che la sua narrazione si è infranta, deve riconoscere che l’altro non è un nemico. E’ infatti la destra che ha bisogno di dividere il mondo in amici e nemici. Lo sono sempre le ideologie totalitarie. Tutte.
Non ci fu nessun derby, non fu un gioco, fu la rinascita della libertà in Italia, per merito della lotta partigiana e degli eserciti alleati. Fu una guerra. Di chi voleva la libertà contro chi la voleva uccidere. Guerra armata di liberazione. Non una partita di calcio.
Salvini vive se divide. Non può sopportare una storia prima di lui che ricordi cosa è costata a questo paese l’esaltazione del nazionalismo, l’ideologia del nemico, l’ubriacatura populista. Perché in troppi comincerebbero a ragionare sui rischi che corriamo oggi.
Noi invece come sempre ricorderemo la festa della Liberazione, contro ogni fascismo, contro ogni totalitarismo, contro la cancellazione della Storia del nostro paese. Per la difesa della Libertà. Sempre. Per noi vale la Costituzione sulla quale ha giurato Salvini. Per lui evidentemente no.

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