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Più soldi e più poteri alla Regione, ecco perché Milano non ci sta

Scritto da Giuseppe Sala.

Giuseppe Sala
Intervento pubblicato da Repubblica.

Caro direttore, i milanesi sono orgogliosi, ma anche prudenti. Qualche volta sono un po' bauscia, ma sanno che proprio quando le cose vanno bene è il momento di rinnovarsi e progettare la città del futuro. Il recente primato di "Città più vivibile d'Italia" non sarebbe stato così scontato fino a poco tempo fa, ma i primati non sono tutto. E anche il fatto che Milano da sola, come certifica Ambrosetti, vale il 10% del Pil italiano ci inorgoglisce.
Ma certamente non di più di quanto siamo orgogliosi della nostra attenzione ai più poveri e a chi ci chiede aiuto. Il marchio di Milano è "Sviluppo e Solidarietà".
C'è chi affronta i problemi di una grande città con la superficialità dell'emozione polemica e non mi sembra frutto di una geniale analisi far notare ogni volta che a Milano esistano differenze tra centro e quartieri periferici.
Però è una visione volutamente di parte non riconoscere che stiamo mettendo in campo investimenti mai visti nella storia recente della nostra città: ci sono sul tavolo più di 1,6 miliardi in opere per i nostri quartieri popolari. E solo chi chiude gli occhi non si accorge che quartieri fino a pochi anni fa fragili e ai margini stanno diventando nuovi motori di crescita cittadina grazie a una rinnovata presenza delle università, della cultura, delle aziende, dei luoghi di ritrovo.
Milano non è l'unico esempio di dinamismo, ma è senza dubbio la prova più convincente oggi a disposizione del Paese. Milano, nella sfida globale delle grandi città, non vorrebbe far da sola e per questo chiede di essere messa nelle condizioni di far meglio e di più.
Si parla tanto di autonomia: solo e sempre per le Regioni. Anzi c'è una vera corsa delle Regioni verso l'autonomia. Con tanto di ultimatum al Governo e con pronunciamenti dai toni definitivi. Ma era un'idea forse giusta 20 anni fa, non oggi.
A me non piacciono gli slogan e vorrei concretamente porre qualche domanda. Le Regioni che vogliono più autonomia chiedono di gestire più competenze (non avevo votato al referendum lombardo, anche se mi ero espresso nel senso di promuovere una riflessione sulle competenze) o semplicemente più risorse e quindi più potere? E se alcune Regioni avessero più risorse come si farebbe, onestamente, a non penalizzare le altre?
E posto che la moneta non la si può stampare a piacimento, chi sarebbero i penalizzati di turno?
Ancora una volta i Comuni? Fateci capire, prima di andare avanti. Perché ad oggi si capisce poco.
Il nostro Paese rischia di perdersi in una condizione nella quale il sindaco della città che, come dicevo, fa il 10% del Pil deve chiedere il permesso a mamma Regione per aumentare il biglietto di 50 centesimi e assicurare un trasporto pubblico più efficiente anche nel suo hinterland. E non pare strano che ambiti cruciali quali scuola, sicurezza, sanità e turismo siano costantemente sottoposti alla sovrapposizione di poteri, istituzioni e controlli incrociati?
Penso che siamo sulla strada sbagliata se autonomia non significa riorganizzare le nostre Istituzioni, ma diventa un'occasione per stritolare ancora di più le città nella morsa degli apparati regionali e statali. Si fa finta di non sapere che sono i sindaci e le loro amministrazioni ad essere, dalla mattina alla sera e ogni giorno dell'anno, i primi interlocutori dei cittadini e il primo baluardo di legalità. A Milano già spesso mugugniamo per i vincoli statali, figuriamoci se dovessimo sopportare un ulteriore carico con quelli regionali.
Spiacerà a qualcuno, ma la molla dello sviluppo del lavoro e della crescita sono le città. Milano e i milanesi sono una risorsa concreta su questa strada. Cerchiamo di non perdere un'occasione fondamentale per tutto il Paese.

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