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Il 30 ci vediamo in piazza a Roma

Scritto da Chiara Braga.

Chiara BragaMi è capitato in questi giorni, complice un piccolo incidente domestico che mi ha costretto a un po’ di riposo forzato, di vedere con maggiore frequenza i notiziari e qualche talk show, di leggere con calma la stampa. È stato utile per rendermi conto di quanto la rappresentazione dell’attività politica e istituzionale, comunicata e percepita dai cittadini, sia profondamente diversa da quella vissuta in prima persona.
Il Parlamento sta lavorando a ritmi ridotti dalla ripresa delle attività dopo le ferie estive: un solo decreto legge – il milleproroghe – su cui hanno lavorato e fatto ostruzionismo le opposizioni alla Camera e al Senato.
Questa settimana la Camera ha votato solo due mezze giornate provvedimenti amministrativi e la prossima si riunirà solo un giorno per esaminare le mozioni proposte dalle opposizioni. Da due settimane le Commissioni parlamentari si riuniscono solo per le risposte alle interrogazioni o per audizioni su questioni generali. In Commissione Ambiente, nonostante le mie ripetute richieste di avviare la discussione sulla proposta di legge sul consumo di suolo già presentata dal PD (ovviamente rimaste inevase pur a fronte delle mille dichiarazioni del Ministro Costa sul fatto che questa è una “priorità”), la prima proposta di legge parlamentare della maggioranza verrà calendarizzata (forse) la prossima settimana. Tutto fermo, tutto bloccato: a decidere il calendario, in Aula e nelle Commissioni, è naturalmente la maggioranza che però non riesce a trovare la quadra su provvedimenti parlamentari da mandare avanti (ma non erano i 5S i paladini della centralità del Parlamento?) e il Consiglio dei Ministri sforna decreti legge alla velocità di un bradipo: quello su Genova, annunciato sulle macerie del ponte crollato, dopo 40 giorni ancora non si vede. Anzi, è stato approvato “salvo intese” dal Consiglio dei Ministri la scorsa settimana, formula da sempre usata per significare che manca un accordo, ma da allora non se ne ha notizia. O meglio, ad ogni dichiarazione pubblica il premier Conte, i due vicepresidenti, ministri e sottosegretari variamente interpellati giurano che ormai è tutto scritto, vanno a presentarlo nei salotti televisivi, arrivano a Genova dichiarando, come il Ministro Toninelli: “Sono venuto con il decreto in mano” ma si dimenticano di portarlo nell’unico posto che sarebbe necessario: il Consiglio dei Ministri per approvarlo, trasmetterlo al Presidente della Repubblica, farlo pubblicare in Gazzetta Ufficiale e poi consegnarlo al Parlamento per la conversione in legge.
Ho fatto questo esempio perché proprio su Genova è impressionante la distanza che c’è tra la percezione e la realtà: questo Governo, diviso e in ritardo su tutto, incapace di trovare soluzioni ma abile a creare emergenze ad hoc per poi archiviarle con un tweet ad effetto, è ancora percepito dalla maggioranza degli italiani come dinamico, compatto, capace. E invece la lista delle cose non fatte o mandate all’aria da una maggioranza di convenienza, bravissima per ora a spartirsi posti e potere e ad additare colpevoli per qualunque cosa non gli riesce di fare, inizia a essere significativa: la grande occasione ormai compromessa delle Olimpiadi invernali, il blocco dei progetti di riqualificazione del Piano Periferie, l’isolamento crescente e la perdita di peso negli scenari internazionali dell’Italia, specie sul fronte delle politiche di gestione dell’immigrazione. Un Governo che fa guerriglia al suo interno sulla manovra di bilancio, vero banco di prova delle promesse e della serietà di un esecutivo, con Ministri e personaggi di contorno che minacciano organismi internazionali, colleghi di governo e tecnici responsabili della tenuta economica del Paese come se niente fosse, mentre il vero e unico “capo” della maggioranza, Matteo Salvini, torna ai suoi vecchi amori - Berlusconi e Meloni -stringendo alleanze politiche con gli ex-nemici giurati dei poveri 5S, sedotti e sempre più timorosi di essere abbandonati.
Una maggioranza che ci governa, a Roma, in Lombardia, a Como che dimentica tutte le promesse fatte a questo territorio: dall’impegno a completare opere strategiche come la Tremezzina, la Pedemontana e le opere connesse, che sono ad esempio la grande Greenway pedemontana per la mobilità dolce e sostenibile che tanto piace ma solo a parole 5S, perché poi chisseneimporta se non si fa. Che si rimangia le promesse fatte a gran voce in campagna elettorale a cittadini, imprese, amministratori locali sull’immediata gratuità del primo lotto e sul completamento della Tangenziale di Como e Varese. Che mostra la faccia feroce contro i più deboli, smantellando da un giorno all’altro un pezzo delle politiche di accoglienza e di gestione dell’immigrazione a Como, costruite con il contributo essenziale e prezioso della città, delle realtà sociali e del volontariato, totalmente ignorate anche dal Sindaco e dalla sua Giunta.
Tutto ciò avviene come se tutti fossimo ancora immersi in una bolla sospesa: chi ha la responsabilità di governare continua ad agitare i problemi anziché farsene carico; l’opposizione – cioè noi, il Partito Democratico – oscilla tra lo sforzo immane di chi cerca di mettere insieme i pezzi e ricostruire e chi invece organizza e disdice cene, evoca annullamenti di Congressi decisi all’unanimità dai suoi organismi e magari auspica addirittura lo scioglimento del Partito. Cosa altro deve accadere per dimostrare che siamo consapevoli che non tutto ha funzionato e che lo stile, forse più e prima della nostra proposta politica, deve cambiare? In questi giorni ho raccolto le riflessioni di tanti nostri iscritti e militanti, arrabbiati e offesi dai dirigenti che sembrano non capire che proprio in questo momento servirebbero più generosità e spirito di servizio. Confesso che non a tutti sono riuscita a dare una risposta convincente; ma mi ha colpito, positivamente, il fatto che dopo essersi giustamente lamentati e sfogati molti di loro mi hanno detto: “E comunque il 30 ci vediamo in piazza a Roma”. A loro mi sento di dire, davvero, grazie. E di chiedere a tutti, non solo agli iscritti del PD, di mettersi in gioco adesso, in questo momento; il 30 a Roma non ci sarà solo il popolo dei Democratici ma tutti coloro che non si rassegnano a questa deriva, a questa rappresentazione di un’Italia rabbiosa e incattivita, a questo trionfo della sopraffazione, allo spregio per le istituzioni e le regole della nostra democrazia. So che a molti di quelli che non si riconoscono nelle forze di destra che oggi ci governano nemmeno il PD piace, o non piace ancora abbastanza per tornare a fidarsi di noi. Non è una manifestazione in piazza che risolverà i problemi del PD o del centrosinistra; a fianco di quella Maurizio Martina e la sua Segreteria stanno preparando altri momenti di approfondimento che culmineranno nel Forum di fine ottobre a Milano per iniziare a tracciare un percorso congressuale che ci porti a ragionare di idee, proposte, pensieri e non solo di nomi. Però credo che a differenza di altre occasioni che hanno segnato il nostro recente passato il 30 non sarà un’occasione per “acclamare” qualcuno e nemmeno, soltanto, per contrastare qualcosa che non ci piace. Sarà soprattutto un’occasione per “ritrovarsi”, nel vero senso della parola: riconoscersi, ascoltarsi, comprendere un pezzo delle ragioni dell’altro e cercare di ritrovare lo slancio e la direzione di un cammino che non sarà né breve né semplice, ma che dobbiamo iniziare, insieme.

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