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La realtà parallela di Luciana Castellina

Scritto da Lorenzo Gaiani.

Lorenzo GaianiSi rimane davvero sconfortati alla lettura dell’articoletto di Luciana Castellina sull’ Unità del 26 febbraio nel paginone dedicato alla crisi interna del PD: veramente crea sconforto leggere quanto poco una persona così intelligente abbia capito della fase attuale e quanto i paraocchi ideologici siano ancora un elemento di disturbo rispetto alla percezione reale degli eventi.
Secondo questa antica seguace di Ingrao la scissione del PD sarebbe un fatto altamente positivo perché certificherebbe la “scissione silenziosa , di fatto, fra il PD e il suo popolo, che dura da tempo”.
Ovviamente, alla radice di tutto vi è lo scioglimento del PCI, che secondo la Castellina andava “rinnovato” con una “rifondazione al livello delle nuove contraddizioni emergenti” (soave understatement per designare il crollo verticale di un sistema politico e sociale universalmente fallito, e che era stata la base su cui erano nati i partiti comunisti di tutto il mondo, compreso quello italiano, come riconobbe all’epoca, con rara onestà intellettuale, Massimo D’Alema).
Quanto al PD, Castellina riconosce che “ha tentato la fusione fra tradizioni diverse – che certo si poteva tentare” ( e anche qui non si capisce come, perché se si fosse verificato il postulato principale dell’autrice, cioè la continuità storica del PCI, l’unico senso di questa fusione sarebbe stato l’ingresso dei cattolici democratici nelle fila comuniste, cosa evidentemente impossibile), ma poi aggiunge subito che questo sarebbe stato possibile “solo se si mobilitava il meglio dell’una e dell’altra, non se diventava un compromesso al ribasso, da cui peraltro quella comunista è stata espulsa”. Al di là dell’incredibile arroganza di poter dire quale è il meglio o il peggio di una determinata tradizione – e in questo Castellina somiglia alla donna Prassede manzoniana, che diceva di seguire la volontà del Cielo ma scambiava il Cielo col suo proprio cervello- ciò che sembra sfuggire all’ex europarlamentare è che proprio per il fatto che i DS non erano più un partito comunista poterono pensare di arrivare alla fusione con la Margherita, e del resto i fuoriusciti dal PD non sono usciti in nome del marxismo- leninismo ma di un fantomatico “nuovo Ulivo”.
Il colmo si raggiunge nella valutazione della realtà europea ed internazionale , quando Castellina afferma che “Anche i grandi partiti europei sono in crisi. Però meno”, rispetto al PD. Un giudizio inverosimile rispetto alle notizie che arrivano da Londra, Parigi, Madrid, L’Aia, e che sembra modellato in base ai canoni della cosiddetta “post- verità”, che a quanto sembra non è un’esclusiva di Trump e Grillo.
Naturalmente, come tutti i settari, Castellina si dichiara aperta ad una dimensione unitaria ma, attenzione , purchè essa non sia finalizzata alla “meschina ricerca del consenso”, il quale certo è una preoccupazione da mestieranti della politica, e tanto peggio per coloro che credono che la politica serva a fare delle cose utili e non sia invece l’esercizio per mantenere l’ideale puro ed incorrotto, e tanto peggio per le classi sociali più disagiate che vorrebbero avere una qualche risposta concreta e non degli anatemi ideologici.
Per fortuna l’articolo della Castellina è affiancato dai ben più seri interventi di Cervetti, Occhetto e Cancrini (seri per impostazione e per ragionamento politico, al di là delle conclusioni più o meno accettabili) : tuttavia questo delirio ideologico è utile per definire il quadro di un piccolo mondo antico (e però arrogante e pretenzioso) da cui il Partito Democratico si è congedato, si spera definitivamente.
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