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No alla separazione delle funzioni per i magistrati

Written by Franco Mirabelli.

Intervento di Franco Mirabelli su raidue per spiegare perché il PD sostiene di votare No anche sul quesito referendario riguardante la separazione delle funzioni in magistratura.

Il PD ha dato un’indicazione chiara per i 5 no ai referendum.
Credo che la Giustizia abbia seri problemi in questo Paese e questi problemi, però, vanno affrontati nell’interesse dei cittadini, migliorando il funzionamento della Giustizia, come abbiamo fatto con le riforme del processo penale e del processo civile e come stiamo facendo ora con la riforma dell’ordinamento giudiziario e del CSM.
A me pare che dentro a questa riforma ci sia una scelta giusta per questo diciamo no anche al referendum riguardante la separazione delle funzioni.
L’idea di arrivare solo ad un cambio di funzione consente, a chi vince il concorso e viene destinato automaticamente per la sua collocazione in una funzione o nell’altra, entro 10 anni di poter esercitare anche l’altra funzione.

Il referendum è abrogativo, non produce una legislazione: metterebbe il Parlamento ancora una volta nelle condizioni di legiferare.
Mi pare che siamo di fronte ad una legge approvata già alla Camera dei Deputati che è una buona legge e, su questo punto che riguarda la separazione delle funzioni, dice che è possibile un solo passaggio di funzioni.
Questo vuol dire garantire al magistrato di poter scegliere quale funzione esercitare, perché si sa che dopo il concorso gli viene assegnata d’ufficio una funzione.
Credo che questo sia giusto.
Credo anche che dobbiamo essere più seri rispetto alla magistratura giudicante del Paese perché si continuano ad elencare errori giudiziari ma poi si parla di assoluzioni e, quindi, vuol dire che alla fine i giudicanti funzionano.

Il vero obiettivo è la separazione delle carriere.
Nel ragionamento sulla separazione delle carriere, quindi, non c’è più un unico CSM e non c’è più un unico organo di governo della magistratura e ci sta la politica che decide quali sono le priorità in un Paese in cui fino ad ora è obbligatorio perseguire tutti i reati.

Credo che sia giusto prevedere che nell’arco dei primi 10 anni della propria vita professionale, i magistrati possano pensare di cambiare una funzione per avere una conoscenza, una competenza, un’esperienza più ampia che possa essere messa a disposizione della professione che decideranno di svolgere dopo 10 anni.
Qui c’è, però, un equivoco: il non detto di tutto ciò è che qualcuno pensa che la nostra magistratura giudicante giudichi condizionata dal fatto di essere nello stesso sistema di autogoverno della magistratura inquirente mentre non è così e il numero delle assoluzioni che spesso vengono enumerate lo dimostra.

Serve fare le riforme e dare risposte concrete ai cittadini.
Abbiamo parlato di un referendum sulla separazione delle funzioni che è già esaurito nella Legge Cartabia e abbiamo parlato della separazione delle carriere, che è un’altra cosa e richiede una riforma costituzionale e su cui non siamo d’accordo. Sono comunque due cose diverse.

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Video della trasmissione» 

Intervento a Raitre per spiegare perché il PD sostiene di votare No anche sul quesito referendario riguardante la separazione delle funzioni in magistratura
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Al Senato verrà votata la riforma dell’ordinamento giudiziario, già approvata alla Camera dei Deputati, che già dà una risposta al quesito referendario riguardante la separazione delle funzioni dei magistrati. Il referendum propone di separare le funzioni e la riforma stabilisce che si può cambiare funzione una sola volta.
Non si sta parlando di separazione delle carriere e nessuno sta mettendo in campo la riforma costituzionale che toglierebbe dallo stesso sistema di autogoverno o i magistrati giudicanti o i Pubblici Ministeri inquirenti.
Questo referendum è già esaurito di fatto dalla riforma Cartabia che, essendo votata alla Camera dei Deputati da una larga maggioranza, sono convinto che sarà confermata al Senato.

Francamente l’idea di usare i referendum per dare dei segnali, non funziona.
È evidente che si debba cambiare molto nella Giustizia italiana, perché non funziona ma per questo non servono i referendum: servono le riforme e le stiamo facendo.
Abbiamo già fatto le riforme del processo penale e del processo civile; si sta facendo la riforma dell’ordinamento giudiziario.
Credo che i cittadini vogliano questo.

Credo che per avere un giusto processo, intanto bisogna garantire agli imputati e alle vittime dei reati tempi certi. Serve questo e questo è ciò che abbiamo cercato di fare con la riforma del processo penale.
Credo che distinguere le funzioni dei magistrati sia importante ma almeno una volta un magistrato, nell’arco di dieci anni, può decidere di passare da una funzione all’altra e a cosa dedicare la propria carriera.
È sicuramente una mediazione, come tutta la riforma Cartabia ma questo è il Parlamento e questi sono i rapporti di forza e non cambiano con il referendum.

Io non sarei d’accordo sulla separazione delle carriere ma è una cosa diversa rispetto al quesito referendario sulla separazione delle funzioni.
Per aprire una discussione sulla separazione delle carriere bisogna riformare la nostra Costituzione e farlo nell’ottica che in questo Paese, esattamente come in Francia, sia poi la politica a decidere quali sono i reati da perseguire e non altri.
Insisto, però, sul fatto che questo è un referendum abrogativo: il risultato non fa le leggi; le leggi le fa il Parlamento. Troverei davvero singolare se, dopo il referendum, qualcuno pretendesse di modificare una riforma che è già frutto di una larga mediazione.

Stiamo parlando di un tema enorme come la Giustizia.
Almeno tre dei quesiti referendari sono assolutamente tecnici e difficilmente comprensibili.
È un tema su cui il Parlamento sta legiferando, anche grazie al PNRR, e facendo riforme nell’interesse dei cittadini.
Questo è un referendum abrogativo, per cui se vincono i sì, si abroga e si raccoglie un sentimento mentre se vincono i no o se non si raggiunge il quorum, il referendum è fallito e si riprende il percorso delle riforme che stiamo facendo.

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