Print

Ruolo degli Enti locali nel contrasto all’illegalità

Written by Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli Intervento di Franco Mirabelli all'Agorà Democratica promossa dal PD di Monza.

Credo che si debba parlare di questi temi e credo che sia giusta l’impostazione che ragiona sulla lotta all’illegalità e che non necessariamente coincide con la lotta alle mafie.
È chiaro, infatti, che c’è un problema più generale di come si mette in sicurezza il bene pubblico e le Pubbliche Amministrazioni.
Roberto Corti ha fatto un intervento in cui ha indicato un punto di partenza: è stato un sindaco di una realtà in cui il tema della penetrazione mafiosa si è rivelata un dato assolutamente non negabile.
Penso, quindi, che il primo punto sia quello di tenere alta l’attenzione: bisogna sapere che le mafie ci sono sui nostri territori.
La relazione della Commissione Parlamentare Antimafia della scorsa Legislatura, in cui si è ragionato molto sulle mafie al Nord e in particolare in Lombardia e nei piccoli Comuni, dice che non ci sono infiltrazioni mafiose ma le mafie sono insediate al Nord, ci sono sui territori, soprattutto la ‘ndrangheta.
Di questo bisogna averne la piena consapevolezza e da qui parte l’impegno che molti Comuni stanno già mettendo in campo ma molti altri no.
Bisogna alzare l’attenzione nei confronti della penetrazione delle mafie e degli insediamenti mafiosi.
Ancora oggi, infatti, sono tantissimi i Comuni in cui l’idea stessa che ci possano essere le mafie viene vissuta come un’offesa e una violazione dell’onorabilità del Comune; molti amministratori, anche di fronte all’evidenza, rigettano l’idea dell’esistenza delle mafie. Questo è il primo punto: riconoscere che c’è un problema e di fronte al problema mafioso bisogna alzare le barriere. Questo lo devono fare anche le amministrazioni.
Ho vissuto le vicende di Sedriano, il primo Comune della Lombardia sciolto per mafia, e sia durante l’inchiesta che ancora adesso i cittadini negavano e si sentivano offesi; sentivano la loro comunità in qualche modo sminuita dal fatto che si dicesse che c’erano presenze mafiose.
A Cantù, dove è evidente che c’è una locale di ‘ndrangheta che agisce sugli appalti ma è radicata anche sul territorio e condiziona il commercio con violenze, anche nelle piazze centrali, c’è comunque una sorta di negazionismo colpevole.
Avviso Pubblico fa un lavoro straordinario ma le amministrazioni intanto devono ammettere che le mafie ci sono e bisogna combatterle.
Le mafie possono condizionare la vita di un Comune e bisogna combatterle.
Per combattere le mafie innanzitutto sono molto utili le banche dati.
I Comuni sono sicuramente una frontiera in cui gli amministratori possono meglio di altri cogliere le spie delle presenze e delle attività mafiose o illegali, non soltanto con le banche dati ovviamente.
Un buon Comune e una buona amministrazione che, ad esempio, tengono il rapporto con le associazioni dei commercianti e con le associazioni di impresa riescono a verificare meglio dove ci possono essere presenze che possono in qualche modo mettere in discussione la libera concorrenza e lasciano prefigurare la possibilità di attività illecite.
Poi c’è sicuramente da fare un lavoro su cui le banche dati aiutano molto, in particolare in questa fase perché è chiaro che nei momenti di crisi le mafie se ne approfittano e se ne approfittano soprattutto in questa fase per riciclare il denaro. I cambi di proprietà degli immobili o degli esercizi commerciali che i Comuni possono verificare, controllando anche chi sono i soggetti e le eventuali anomalie o la provenienza dei finanziamenti, diventano una frontiera decisiva per il contrasto alle mafie. Questo lavoro è importante e può essere fatto in collaborazione con le Prefetture, che possono dare le interdittive anche rispetto a questi passaggi della compravendita immobiliare degli esercizi commerciali.
Penso che questo delle banche dati sia, dunque, un tema importante.
Le persone sicuramente contano molto ma penso che in una Pubblica Amministrazione possano contare molto anche le buone pratiche. Le buone pratiche, anzi, sono fondamentali.
C’è la modalità in cui si gestiscono gli appalti e le centrali appaltanti; c’è un tema che riguarda la trasparenza; c’è un tema che riguarda forme di controllo e collaborazione e il Whistleblowing per consentire ai dipendenti di denunciare nell’anonimato procedure non trasparenti o dubbie e questo è un sistema importante. Abbiamo fatto anche una legge su questo tema recentemente.
C’è, infatti, anche un tema di legislazione che si deve adeguare.
Non si possono aumentare indiscriminatamente i livelli di controllo ma alcune cose è giusto farle.
Recentemente, nella riforma del processo civile, abbiamo introdotto l’obbligo di avere una banca dati di tutti coloro che partecipano alle aste giudiziarie, quindi, avere i nomi delle persone e le modalità economiche con cui accendono alle aste perché, come hanno dimostrato anche recenti inchieste, quello è un modo impressionante e fino ad ora abbastanza semplice per riciclare il denaro.
Il tema delle buone pratiche, quindi, è importante: coinvolge i politici e anche i dipendenti.
È evidente che, soprattutto al Nord, in molte realtà in cui le mafie hanno penetrato nei Comuni c’è stata una responsabilità significativa anche dei dipendenti pubblici, dirigenti e funzionari che dovrebbero essere servitori dello Stato.
In un Comune si è visto come il dirigente del settore dei servizi sociali condizionava a beneficio di alcuni l’utilizzo dei fondi che servivano a ristorare i più bisognosi. Anche qui le buone pratiche sono importanti: i sindaci devono lavorare con il personale che si trovano ma per gli amministratori credo che il principio della rotazione negli incarichi consenta di rendere più difficile l’attività di condizionamento verso queste figure.
Infine c’è la vicenda dei beni confiscati che, purtroppo, riguarda molti Comuni.
Abbiamo fatto un lavoro in Commissione Parlamentare Antimafia in questi mesi e abbiamo visto che le cose non vanno bene.
Ci sono 13.000 beni confiscati in Italia non utilizzati e sono lo stesso numero di beni confiscati utilizzati. Bisogna guardare dentro a questo dato.
Un problema era dato dall’onerosità che ricadeva sui Comuni per mettere i beni confiscati nelle condizioni di essere utilizzati e abbiamo provveduto mettendo in campo un Fondo di 30 milioni un anno fa. Con il PNRR è previsto un altro significativo stanziamento per quel Fondo che i Comuni possono utilizzare a quello scopo. Fino ad ora, però, di quei soldi è stato utilizzato solo il 16%.
Nella nostra ricerca abbiamo verificato che la maggioranza dei Comuni italiani non ha neanche gli accrediti per guardare l’anagrafe dei beni confiscati per sapere quali sono.
Inoltre, c’è una drammatica non conoscenza da parte di molti Comuni delle regole e della modalità.
Una recente legge prevede che i beni possano essere utilizzati dai Comuni subito, senza attendere la confisca definitiva. Questo eviterebbe che i beni rimangano per molti anni abbandonati a rischio degrado mentre potrebbero essere utili per le attività sociali. Eppure, spesso, i Comuni non sono a conoscenza nemmeno di questo.
Per questo la Commissione Parlamentare Antimafia ha deciso di costruire una sorta di vademecum per i Comuni per fornire loro informazioni su questi temi.
La questione è fondamentale perché si parla di un grande patrimonio che non può essere abbandonato perché sarebbe un segnale negativo nei confronti dei cittadini.
Il fondamento della Legge Rognoni-La Torre è che il bene venga tolto alla mafia per essere riutilizzato a beneficio dei cittadini. Se manca questa parte, non si fa un buon servizio al Paese. Inoltre è una grande occasione per molti Comuni per avere la possibilità di utilizzare questi beni.
La Lombardia è la quarta Regione in Italia per numero di beni confiscati e li sappiamo utilizzare e destinare meglio di altre Regioni ma anche qui ci sono ancora molti limiti che vanno superati.
È chiaro che ai Comuni vanno dati gli strumenti per conoscere e per gestire da subito questi beni.
I reati contro la Pubblica Amministrazione vanno puniti con più forza e ci deve essere maggior certezza della pena di quanto non ci sia oggi.
Io non penso che dobbiamo gioire se ci sono tante persone in carcere per corruzione, vorrei però che fossero condannate per corruzione tutte le persone che dovrebbero esserlo e in tempi certi, che paghino il proprio debito con la giustizia e con il Paese qualunque sia la pena che viene elargita.
In tutti gli ultimi passaggi legislativi, comunque, tutti questi passaggi sono stati considerati reati molto gravi e hanno tutti avuto un trattamento molto severo.

Per seguire l'attività del senatore Franco Mirabelli: sito web - pagina facebook