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A Milano nell’ex cascina Galbani arrivano case sostenibili

Written by Il Sole 24 Ore.

Milano Articolo del Sole 24 Ore.

Una riqualificazione ad ampio raggio che per la prima volta realizza case sostenibili con annessa produzione di ortaggi a uso dei residenti.
Il progetto riqualifica una ex area produttiva nel quartiere Barona, l’ex Cascina Galbani ad opera di DFA Partners.
Forrest in town, così si chiamerà il nuovo complesso sarà il primo borgo residenziale di Milano dotato di tecnologia idroponica e quindi a ridotto impatto ambientale.
Forest in Town sarà il primo complesso abitativo a produrre alimenti per la comunità residenziale, in modo da essere non solo verde e sostenibile, ma anche in grado di avere una propria autosufficienza produttiva alimentare avvalendosi delle avanzate tecnologie di coltura fuorisuolo.
'innovazione è tale da innescare un cambiamento nella configurazione urbana, portando all’interno delle realtà abitative poli di produzione a bassissimo impatto ambientale.
Non si costruisce in altezza, ma si punta a uno sviluppo orizzontale in un susseguirsi di spazi privati, interni ed esterni, e di spazi di condivisione come il grande polmone verde di circa 6mila mq al suo interno, una vera oasi protagonista del progetto, caratterizzato da un’ampia varietà botanica.
Qui affacciano tutti gli edifici, che non superano i tre piani fuori terra e che propongono diverse soluzioni abitative per 10.000 mq complessivi. Le strutture sono realizzate perseguendo i criteri della bioedilizia e del contenimento energetico. Proprio qui ci sarà l’area di coltivazione fuori suolo – che avviene in ambienti protetti e controllati – un locale di 250 mq dove saranno prodotti vegetali baby leaf e ortaggi ad uso esclusivo dei condomini.

Artcolo del Giorno.

Nuova vita per Cascina Galbani: parte la trasformazione in polo cicloturistico del primo stabilimento aperto a Melzo dall’industria casearia. La Concessionaria di A58-TEEM mantiene così gli impegni assunti con il Comune e assegna tre milioni di euro al recupero della struttura. Già intrapresa la messa in sicurezza dell’edificio, che, grazie alla posizione strategica tra i percorsi di mobilità dolce connessi all’Autostrada, diventerà una struttura ricettiva per gli appassionati di gite in sella desiderosi di rivivere la civiltà contadina visitando torre colombaia, casa del fittavolo, stalle e fienili. Stop a tutte le altre inconcludenti ipotesi di destinazione d’uso avanzate in oltre tre decenni di degrado dell’immobile.
Alla conclusione dei due-tre anni di lavori appena partiti, il sito in cui, alla fine dell’800, Egidio Galbani insediò la sua azienda risulterà valorizzato, dunque, sia dalla vocazione per la fruizione collettiva scaturita dalle gare di evidenza pubblica sia dalla capacità di generare, a favore di cittadini e imprese, il volano di risorse azionato dal cicloturismo. La ristrutturazione è stata imperniata, infatti, sul progetto delineato dall’Amministrazione che, al di là dell’agibilità di porzioni attualmente pericolanti, persegue il duplice obiettivo di mantenere la consistenza fisico-materica dell’edificio e di esaltare la conformazione architettonica, distributiva e ambientale del complesso.
Il recupero va inquadrato, insomma, nell’ottica di tramutare torre colombaia, casa del fittavolo, stalle, fienili e laboratori in punti di attrazione in grado di calamitare sul posto, anche lungo la nuova pista ciclabile Melzo-Gorgonzola che verrà inaugurata entro Natale, gli aficionados del pedale interessati a rivivere un pezzo della civiltà contadina.
Egidio Galbani, mai sciagurato come l’omonimo personaggio manzoniano il cui fantasma, secondo una leggenda meneghina, si aggirerebbe nottetempo tra i saloni di Palazzo Isimbardi, si affermò, del resto, in virtù dell’intuizione di coniugare al tradizionale allevamento di bovini l’allora rivoluzionaria produzione di formaggi a pasta molle. La funzionalità di Cascina Triulza, costruita ai tempi dei mappali stilati dai tecnici al servizio di Maria Teresa d’Austria, inserita in un’area da sempre al centro delle transumanze e limitrofa allo scalo ferroviario entrato in esercizio ai primi del ‘900, contribuì a favorire il successo dell’opificio aperto tre le odierne vie Lazzati e Trivulzio.
La vecchia casera si rivelò, così, in pochi anni troppo stretta per i dipendenti assunti a ripetizione da Egidio con la conseguenza che, nel 1911, l’illuminato imprenditore originario della Valsassina, pur continuando a puntare forte sulle potenzialità di Melzo, fu costretto a trasferire i tanti operai agricoli nella prima fabbrica casearia d’Italia. Da quel momento, l’immobile venne condannato a un progressivo declino, peraltro culminato nei crolli che hanno esposto a rischi statici persino la torre colombaia a pianta quadrata, cui gli Enti Pubblici, stante l’impossibilità materiale di destinare investimenti consistenti alla ristrutturazione invocata dai cittadini, non sono riusciti a porre rimedio. Ma la disponibilità dei finanziamenti erogati da Tangenziale Esterna SpA a beneficio del Comune e la vicinanza ai percorsi ciclopedonali hanno schiuso, infine, a Cascina Triulza la prospettiva della definitiva destinazione d’uso a polo del turismo sostenibile che spazza qualsiasi inconcludente ipotesi di conversione avanzata negli ultimi tre decenni.