Print

L'Antimafia raccontata a Castano Primo

Written by Franco Mirabelli, Carlo Borghetti.

Castano Primo AntimafiaSegnaliamo il video dell'incontro organizzato dalla Carovana Antimafia del Nord Ovest Milano a Castano Primo che ha visto la partecipazione del sen. Franco Mirabelli (Capogruppo PD in Commissione Antimafia), Carlo Borghetti (Commissione Antimafia Regione Lombardia), Alberto Nobili (procuratore aggiunto presso la procura di Milano), Giampiero Sebri (Carovana Antimafia) e Luciano Scalettari (giornalista di Famiglia Cristiana): video dell'intero incontro»
Sintesi della serata a cura di Famiglia Cristiana»

 Riportiamo la trascrizione degli interventi di Franco Mirabelli e Carlo Borghetti.


Franco MirabelliIntervento del sen. Franco Mirabelli:Voglio iniziare con un ringraziamento sincero alla Carovana Antimafia e a chi organizza sui territori iniziative come questa per sviscerare il tema della lotta alle mafie.
Lo dico perché più studiamo – e abbiamo fatto della questione del Nord e dell’insediamento delle mafie al Nord una delle priorità della Commissione Parlamentare Antimafia in questa legislatura – più ci siamo accorti che su questo tema si sa troppo poco e si fa troppo poco.
Inoltre, ci siamo accorti soprattutto del fatto che c’è una distanza abissale tra la percezione che ha l’opinione pubblica della pericolosità e della potenza criminale che - anche senza ammazzare, sparare o incendiare - ha la criminalità organizzata in questi territori, e soprattutto la ‘ndrangheta. Questa distanza grande tra la percezione della pericolosità che abbiamo è perché non vediamo le coppole, non vediamo il reato predatorio (non sono loro i criminali che scippano, rapinano o entrano nei nostri appartamenti), non li vediamo e non li sentiamo.
Per questo non percepiamo la pericolosità di una criminalità organizzata che oggi, in tempo di crisi, possiede una quantità di denaro smisurata e lavora continuamente per immetterlo nel mercato legale. E questo vuol dire inquinare l’economia e inquinare anche la democrazia; vuol dire che se non la battiamo, la mafia rischia di toglierci la democrazia e di toglierci la libertà. E questa percezione non ce l’abbiamo.
Raccontare e spiegare, quindi, è importante.
Personalmente sono ancora molto colpito dal fatto che ormai sono quasi due anni che è stato sciolto il Comune di Sedriano e, a parte una manifestazione che ha fatto la Carovana Antimafia lì e a cui ricordo con una certa amarezza che c’era una presenza discreta ma di persone che non erano di quel Comune, su questa questione i cittadini di Sedriano ancora non hanno mostrato una reazione.
Bisogna dirlo che anche se non c’è lo scippo, anche se non si spara, rischiamo tutti e rischia la nostra democrazia.
In queste settimane, in questi mesi abbiamo lavorato molto sul Nord, la Commissione Parlamentare Antimafia è stata nuovamente a Milano per verificare l’andamento delle ultime inchieste, le questioni della legalità in merito ad Expo e per verificare anche se ci sono le organizzazioni criminali dentro alla grande vicenda del racket nelle occupazioni abusive delle case popolari.

In questi mesi, con l’aiuto del Professor Nando Dalla Chiesa e dell’Università di Milano, abbiamo lavorato per approfondire, capire meglio, guardare le inchieste, guardare tutti gli indicatori e costruire un ragionamento che nel Primo Rapporto sulle mafie al Nord si ferma al tipo di radicamento della criminalità organizzata sui territori delle Regioni del Nord.
Quel rapporto dice che la ‘ndrangheta in Lombardia - e in particolare in provincia di Milano - è fortemente radicata, aggressiva, presente con il gioco d’azzardo e tutto ciò che può consentire di riciclare denaro, ma racconta anche la ‘ndrangheta si è insediata e si sta insediando soprattutto nei Comuni piccoli, dove c’è meno attenzione, dove è più facile che ciascuno si faccia i fatti suoi, dove sono più lontani dai riflettori.
È sufficiente scorrere la lista dei beni confiscati in Lombardia per accorgersi che la situazione della stragrande maggioranza di questi beni sono proprio nei piccoli Comuni e nelle piccole realtà.
Quei rapporti, oltre alle inchieste ci parlano di una ‘ndrangheta e di una mafia molto aggressiva, molto radicata e che sta aggredendo nuovi settori economici, come ad esempio il turismo. E questo significa, per esempio, che c’è una forte presenza criminale su tutta la zona del bresciano e Garda che scende fino all’Adriatico.

Al Nord la mafia si chiama soprattutto ‘ndrangheta. Innanzitutto è bene chiarire che la ‘ndrangheta ha una straordinaria capacità di cambiare ogni volta che lo Stato mette in campo misure, norme e leggi per contrastarla. Inoltre, la ‘ndrangheta oggi è l’organizzazione criminale - l’unica in questo Paese secondo tutti i magistrati – a cui basta alzare il telefono senza bisogno di alcuna garanzia e fare arrivare tonnellate di droga, controllando traffici internazionali e, quindi, ha una dimensione economica enorme da mettere sul mercato.
La ‘ndrangheta ha poi una struttura rigidissima che è una struttura familiare e questo spiega perché ci sono stati tanti pentiti di mafia che hanno contribuito a dare colpi pesanti alla mafia così come ci sono tanti pentiti di camorra ma non ci sono o sono pochissimi i pentiti di ‘ndrangheta. La ragione è questa: quando si deve denunciare, spesso, si deve denunciare un familiare o più familiari e questo rende tutto più difficile.
In più la ‘ndrangheta ha una struttura molto unitaria. Ogni locale sparsa sul territorio ha un riferimento diretto alla casa madre in Calabria e da lì trae legittimazione e, spesso, è anche in luoghi dove non ci sono problemi. Questo non succede solo in Lombardia ma anche in Piemonte, Veneto, Canada… stiamo parlando di un’organizzazione che ha abbandonato la dimensione militare e, oggi, ha costruito un’organizzazione fortissima e, come dicono le inchieste, conta su una zona grigia sempre più ampia che consente alla ‘ndrangheta di investire i soldi, attraverso i compro-oro, il gioco d’azzardo, gli appalti pubblici che si tenta di aggredire ma c’è anche il tentativo di entrare direttamente nell’economia sfruttando la zona grigia fatta di professionisti e imprenditori.
Anche l’ultima inchiesta racconta che, in tempi di crisi, succede che gli imprenditori si rivolgono a chi ha i soldi e si rivolgono alla criminalità organizzata e solo in seguito, quando è troppo tardi, si accorgono di avere a che fare con un’organizzazione criminale che spesso poi cerca di appropriarsi anche delle loro aziende. Il tutto in un clima di omertà. In un’inchiesta di qualche giorno fa, ci sono degli imprenditori che sono stati arrestati anch’essi e che inizialmente erano vittime: si erano rivolti alla criminalità organizzata per avere crediti per le loro imprese o per chiedere di andare a riscuotere dei crediti e poi si sono trovati ad essere vittime di estorsioni, di un’organizzazione che pretendeva pagassero la protezione, si sono trovati espropriati di pezzi di impresa, però, ora sono finiti sul banco degli imputati perché non hanno avuto il coraggio di denunciare e di dire quello che era successo neanche di fronte all’evidenza.

Un’altra questione aperta è quella riguardante gli Ordini professionali perché se un avvocato viene espulso dall’Ordine degli Avvocati di Caltanissetta per legami con la criminalità può tranquillamente andare ad iscriversi all’Ordine professionale di Siracusa e continuare ad esercitare la professioni. C’è, quindi, un problema in alcuni settori sulla consapevolezza dei rischi che si corrono e c’è anche un problema che riguarda la politica. Proprio su questo, c’è anche un altro cambiamento che sta venendo alla luce: il punto non è più solo il voto di scambio ma è che la ‘ndrangheta sta cercando di usare anche il voto ma per rappresentarsi direttamente nelle Pubbliche Amministrazioni.
Le inchieste di Lecco e di Como mostrano che ci sono persone che erano lì a fare quegli interessi e sono state messe lì a prescindere dai partiti. Per questo credo che i codici etici servano, perché dobbiamo evitare che queste persone entrino nelle liste, come è successo. Tuttavia, è bene precisare che sono persone normali di cui nessuno prima sospettava: poi si è scoperto che erano lì a svolgere una funzione. Per questo bisogna imparare a capire quali sono i comportamenti e quali sono i settori perché non è vero che le cose che interessano alla ‘ndrangheta sono questioni che riguardano solo gli appalti ma, per esempio, sono anche tutti i fondi sociali, le loro assegnazioni e come queste aiutano a controllare un pezzo di territorio. Anche su questo c’è un’aggressione.
Quello che può fare la politica è studiare il fenomeno e capire come cambia e adeguare le regole. Noi abbiamo le mafie, siamo il Paese in cui le mafie sono state forti, però, in questi anni abbiamo costruito una legislazione che è la migliore che c’è al mondo per contrastare la criminalità organizzata, ma ora anche questa legislazione deve continuare a cambiare: modificheremo i codici antimafia, la legge sui beni confiscati perché così com’è non funziona più nonostante sia una legge straordinaria perché con essa si era compreso che il modo migliore per combattere la mafia è colpirla nei propri patrimoni e, contestualmente, si voleva anche mandare un messaggio sociale e culturale perché quei beni confiscati vengono messi a disposizione della collettività. Su questo occorre lavorare ancora, però, soprattutto sulle aziende confiscate che troppo spesso falliscono e muoiono e, quindi, finisce per passare l’dea sbagliata che per lavorare è meglio che ci sia la mafia a stare in quell’azienda piuttosto che lo Stato. Questa deve spingere a cambiare la legge sui beni confiscati. E poi occorre anche chiedere all’Unione Europea di assumere la legge che comprende la confisca preventiva dei beni dei criminali senza attendere la sentenza definitiva di condanna in tutta Europa perché, se in un Paese non c’è la confisca preventiva, si rischia che tutti i criminali spostino lì i loro patrimoni.
C’è poi anche una legge che arriverà in Parlamento entro gennaio volta a colpire i reati ambientali, perché c’è un traffico dei rifiuti enorme e anche lì c’è una zona grigia grande di imprese del Nord che scaricano abusivamente al Sud nella Terra dei Fuochi e in altri luoghi.
Credo, insomma, che ci sia tanto da fare, però voglio dire che la cosa importante è dare un messaggio chiaro: la ‘ndrangheta e la mafia ci sono e sono forti ma anche lo Stato è forte e ha saputo dimostrare di aver dato dei grossi colpi alla criminalità organizzata. Sarà più forte lo Stato (che non è solo la politica) più sarà forte la capacità di tutti di combattere la mafia, sapendo che il nemico è la mafia e su questo non esistono dei grigi: o si fanno norme per contrastare la mafia o si aiuta la mafia, su questo non possono esserci ambiguità, però, personalmente auspico e lavoro affinché su tutte le azioni che possiamo mettere in campo contro la mafia ci sia la più larga unità delle forze politiche e delle forze sociali perché più è unito il mondo della società civile e della democrazia di questo Paese e più abbiamo la possibilità, come ha dimostrato la storia, di battere la mafia.
Occorre anche stare attenti perché se si spiega che Di Matteo è solo, che non è protetto dallo Stato (cosa non vera) e che non c’è solidarietà per lui e tutto è mafia in Italia, è il regalo più grande che possiamo fare alle organizzazioni mafiose.

Carlo BorghettiIntervento di Carlo Borghetti:A Castano Primo siamo a pochi chilometri da Expo. Da quando è stato assegnato Expo all’Italia, si è incominciato a pensare agli appalti e alla corruzione e, oramai, si è cominciato a parlarne nei vari livelli istituzionali: anche in Consiglio Regionale sono state fatte delle leggi. Per quanto riguarda le inchieste su Expo, ovviamente, stiamo parlando di corruzione e non di mafia ma poi le cose sono tutte collegate tra loro e anche nei giorni scorsi ci siamo trovati di fronte ad arresti, gare truccate. Siamo ancora nella fase dell’accusa, vedremo poi come andranno a finire le inchieste ma già ci sono delle evidenze importantissime.
Un’altra questione che riguarda la legalità è quella degli sgomberi, di cui tanto si legge sui giornali in queste settimane: sul fronte regionale sono, infatti, cominciate delle azioni di sgombero all’interno di quartieri popolari ma abbiamo visto poi i cittadini di quelle case di alcune zone della città di Milano manifestare contro gli sgomberi degli abusivi.
Un altro punto ancora, riguarda il gioco d’azzardo. In Regione Lombardia stiamo parlando da un po’ di gioco d’azzardo patologico e abbiamo fatto anche alcuni incontri sulle dipendenze. Una volta si parlava quasi esclusivamente di tossicodipendenza mentre adesso le dipendenze sono diventate tantissime e questa del gioco d’azzardo patologico è una vera e propria emergenza sociale e riguarda il nostro territorio. Lì il legame criminale è con il riciclaggio perché dietro c’è denaro sporco, denaro che arriva da traffici illeciti ed è un trend crescente.
C’è, infine, anche un’altra questione. Potrei evitare di dirlo perché per me è scomodo ma lo dico ugualmente: sono di Rho e qualche settimana fa è stato arrestato un ex consigliere comunale che è stato seduto nei banchi del PD.
A guardare questo quadro, verrebbe da pensare che non c’è speranza ma, invece, io credo che debba sempre esserci la speranza e, dalle parole che abbiamo ascoltato questa sera, mi verrebbe da dire che ci sono delle persone che non solo vogliono combattere la mafia ma vogliono anche sconfiggerla.
A mio avviso è molto positivo che esista una realtà come la Carovana Antimafia che nasce dal basso, che ha un “sapore popolare” perché è un gran segno di speranza, così come lo essere in tanti questa sera a discutere di legalità perché significa che c’è qualcuno che ha voglia di reagire alle mafie.
E credo che in questa battaglia, che ormai è una vera guerra, ci sono anche dei compiti che spettano a noi. Personalmente, sono in Consiglio Regionale della Lombardia e, dopo che per anni si è negato che ci fosse la mafia in questa Regione, dopo le tante operazioni delle forze dell’ordine e dei magistrati, che hanno fatto con grande passione e con grande intelligenza il loro lavoro, anche in Regione Lombardia non si è più potuto negare l’evidenza. Ricordo, inoltre, che dopo che era stato assegnato l’Expo si negò anche a Milano - dove governava il sindaco Moratti - che ci fosse bisogno di una Commissione Antimafia. Oggi quel passaggio è stato superato e c’è una Commissione Antimafia, che ovviamente non ha risolto i problemi, ma è comunque un segno di come la politica tutta riconosca che c’è un fenomeno pericoloso in atto e che bisogna lavorare per contrastarlo.
In Consiglio Regionale sono state approvate due leggi attraverso un’azione condivisa: la prima, di cui sono stato promotore, è quella sull’educazione alla legalità e l’altra è sul contrasto alle mafie. Con queste leggi sono stati messi alcuni tasselli, sono due gambe della lotta alla mafia.
Il problema della criminalità organizzata è complesso, difficile da conoscere. Mi ha fatto impressione sentire dire dagli esperti che la cosa che più teme la mafia è la cultura dell’antimafia e, questo, mi dà un po’ di conforto sul fatto che il lavoro che è stato fatto e che stiamo facendo sia utile.
In Consiglio Regionale, infatti, abbiamo fatto una legge - quella sull’educazione alla legalità - che interessa molto alle associazioni e agli enti locali in quanto stanzia anche delle risorse per fare educazione alla legalità dentro a Regione Lombardia, nelle scuole, attraverso dei bandi riguardanti le varie tematiche, perché bisogna partire dai ragazzi quando sono ancora piccoli per diffondere la cultura della legalità. Inoltre, ci sono dei soldi anche per formare i tecnici comunali e delle amministrazioni locali perché la mafia è sempre più attrezzata. Dobbiamo organizzare l’antimafia così come la mafia è organizzata.
Ormai si dice che la mafia è quella dei colletti bianchi e non più quella della lupara: usa il computer, usa sistemi sofisticatissimi e, quindi, dobbiamo rendere capaci anche i nostri tecnici comunali, le nostre amministrazioni, la nostra polizia locale di guardare e capire cosa accade e chi si ha di fronte.
Dobbiamo attrezzarci e c’è un compito per ciascuno.
Andando a parlare nelle scuole, facendo dei questionari, ci siamo anche accorti che, purtroppo, c’è una bassa percezione di cos’è legale e cosa non lo è. Molto spesso a partire dai nostri ragazzi si giustificano le cose dicendo che “tanto non fa niente” oppure “tanto è una piccolo cosa”. Sembra retorico ma per combattere la mafia - quella che sta distruggendo il nostro Paese ma anche la nostra salute perché il gioco d’azzardo patologico significa rovinare i portafogli delle nostre famiglie e rovinare le persone e la loro salute - bisogna anche capire le cose partendo dai piccoli gesti: pagare in nero, non richiedere lo scontrino, non pagare il biglietto del tram, non rispettare il codice della strada… anche quello è un pezzo di lavoro che alimenta un clima di non rispetto delle regole e a lungo andare finisce per far giustificare tutto e non aiuta a combattere le mafie. È stato dimostrato molto bene che questa cultura negativa del fare spallucce e del far finta che le cose funzionino favorisce la mafia.
Inoltre, se ci sono la mafia e la ndrangheta nei nostri Comuni, anche in quelli piccoli che magari sembrano lontani dai centri economici più importanti, e se quella criminalità attecchisce è perché evidentemente l’omertà si è diffusa anche al Nord.
Troppo spesso, non c’è la voglia, l’attenzione e la capacità di alzare la voce, di aprire gli occhi e di fare alcune cose che magari sembrano piccole ma che sommate una per una formano un’azione grande.
Concludo dicendo che mi ha fatto impressione quando il dottor Nobili ha detto “Noi magistrati abbiamo bisogno del sostegno popolare e dell’opinione pubblica”. Le reazioni emotive che sono seguite alle grandi stragi, è stato detto, hanno dato una grande spianta all’antimafia nella storia del nostro Paese ma non dobbiamo avere bisogno delle stragi per reagire. Sono le piccole cose, è questo clima, questa cultura della legalità che può darci speranza per vincere le mafie. In questo ciascuno può fare la su parte.