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Il piano del lavoro non toglie le tutele

Written by Franco Mirabelli.

Franco MirabelliIntervista pubblicata da il mensile La Città di Cinisello.
Senatore Mirabelli il tema del lavoro in Italia torna a far discutere. Lei è favorevole al Jobs Act?
«La Riforma del Lavoro che abbiamo approvato in Senato e che ora è passata alla Camera dei Deputati è una legge importante di cui, nella confusione generata dalla polemica politica, rischiano di perdersi finalità e merito. Prima di tutto credo che sia giusto sgombrare il campo da alcuni luoghi comuni che nulla hanno a che vedere con le proposte contenute nel cosiddetto Jobs Act. Va detto che non è vero che vengono tolte tutele (neppure l'articolo 18) a chi ha già un contratto a tempo indeterminato: non è scritto da nessuna parte ed è stato più volte chiarito da Matteo Renzi e dal Ministro del Lavoro».

Ma la priorità in questo momento, più che mettere mano al mercato del lavoro, non dovrebbe essere quella di rilanciare dei piani di sviluppo che favoriscano il lavoro?
«Nessuno pensa che questa riforma sia sufficiente per creare nuovi posti di lavoro e rilanciare l’occupazione. Oltre alla riforma del mercato del lavoro servono riforma della giustizia civile (in Parlamento stiamo discutendo un decreto del Governo), ridurre le tasse alle aziende e al lavoro (nella Legge di Stabilità sono previsti gli 80 euro per chi li ha già ricevuti e per le partite Iva ed è prevista la riduzione per 5 miliardi dell'Irap per le imprese) e investimenti per la crescita».
C’è chi interpreta il Jobs Act come una cambiale dovuta da Renzi all’Europa in cambio di flessibilità sul deficit, è così?
«Il Jobs Act ha altri obiettivi, guarda a chi ha lavori con contratti precari, senza tutele e senza prospettive, a chi resta solo una volta che ha perso il lavoro perché non ha la cassa integrazione, a chi ha bisogno di un lavoro stabile. Serve non a togliere tutele a qualcuno ma a darne a tutti i lavoratori; significa, quindi, promuovere equità e giustizia sociale. Ci sono 9 milioni di lavoratori che vivono con contratti precari, Co.co.co, Co.co.pro, false partite Iva, contratti a termine usati dalle aziende perché più convenienti e non perché servono. La riforma serve a riconoscere opportunità e diritti a chi non ne ha».