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La sanità territoriale non era pronta all’emergenza

Written by Carlo Borghetti.

Carlo BorghettiArticolo di Carlo Borghetti pubblicato da Sempione News.

“L’emergenza Coronavirus ha svelato una volta di più la debolezza dei servizi sanitari territoriali della Regione e della sua riforma del 2015 (LR 23/2015), dimostrando perché la Lombardia finisce sempre 5^ tra le Regioni nella classifica dei Livelli Essenziali di Assistenza.
Il Covid19 si affronta su due piani: ospedaliero (per salvare le vite dei casi gravi), e territoriale (per arginare il contagio e limitarne la letalità).
Mentre sul primo piano gli ospedali lombardi -a partire dalla generosità e competenza di quelli pubblici- han fatto miracoli raddoppiando le terapie intensive (seppur divenendo purtroppo essi stessi luoghi di diffusione del contagio…), sul piano territoriale i Servizi di Prevenzione, i Poliambulatori, i Consultori, i Medici di Famiglia, indeboliti da anni di politiche ospedalocentriche, faticano ancora -dopo 2 mesi- a mettersi in pista in modo coordinato ed efficace per evitare che i casi lievi si aggravino arrivando tardi in ospedale, e per mettere tempestivamente in quarantena sorvegliata i positivi e i loro contatti evitando che diventino incolpevoli diffusori del contagio. Ma tutto questo non dipende certo da chi opera sul territorio.
La responsabilità, a parte che per il blocco del personale, è di una governance regionale che quella riforma ha pasticciato, con la creazione del sistema ATS-ASST, che anziché aumentare l’integrazione ospedale-territorio ha finito per sacrificare il territorio, con l’accorpamento sotto un’unica Direzione Generale sia del ramo ospedaliero che del ramo territoriale delle ASST, con l’abolizione delle ASL: un unicum in Italia, che indusse il Governo ad approvare la riforma nel 2015 come “sperimentale”, da sottoporre a verifica dopo 3 anni (mai avvenuta).
E così l’attenzione dei Direttori Generali delle ASST -tutti con sede in ospedale- è stata fatalmente risucchiata dagli ospedali, con una regìa dei servizi territoriali indebolita, divisa tra parte operativa di Direttori sociosanitari in cerca d’autore, e parte programmatoria di ATS dedicate alla vigilanza e deprivate di Conferenze dei Sindaci con reali competenze. Come se non bastasse i Distretti Sociosanitari -deputati alle cure primarie- sono stati aggregati in mega-Distretti con abitanti in alcuni casi 4/5 volte superiori ai Distretti originari (senza adeguamento di risorse); i Poliambulatori pubblici spesso accorpati scoprendo interi territori (poi coperti dai privati); il Fondo sociale regionale dimezzato con il dirottamento sui voucher ad personam di risorse sottratte alle rete di servizi; l’Assistenza Domiciliare rimasta tra le più scarse d’Italia per persone raggiunte; la programmazione dei servizi rimasta al palo, tanto che il Piano Socio-sanitario regionale è scaduto da 6 anni, e il Piano Pandemico regionale è fermo al 2010.
E così oggi il sistema non riesce a fare le telefonate per la messa in quarantena dei positivi; i Dipartimenti di Prevenzione, sono rimasti sguarniti; i Servizi per la sicurezza negli ambienti di lavoro faticano a fare il controllo delle attività aperte; i Medici di Famiglia non sono protetti, coordinati e supportati, e la sorveglianza attiva degli assistiti non fa parte del sistema; tutto il sociosanitario (non solo le RSA) non è adeguatamente sostenuto; le Unità Speciali per l’assistenza al domicilio sono troppo poche… C’è davvero tanto da rivedere. Se si vuole sinceramente migliorare il servizio socio-sanitario lombardo”.

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