Proteggere le persone
Con il Decreto Cura Italia, abbiamo fatto la scelta di proteggere le persone che di fronte a questa emergenza e alla pandemia e al fatto di aver dovuto chiudere le attività, rischiano di perdere il reddito e, di conseguenza, di non essere più nelle condizioni di pagare mutui e affitti. Per cui abbiamo deciso di tutelare innanzitutto queste persone e questo si traduce con la cassa integrazione in deroga, il contributo per gli autonomi e per i professionisti, con l’idea di garantire da subito che lo Stato non lasci i cittadini da soli.
Dovremo poi proseguire questo lavoro di protezione dei cittadini ma, con il prossimo Decreto con cui si stanzieranno altre risorse che chiederemo all’Europa di poter raccogliere indebitandoci, servirà investire anche sulle imprese e sulle infrastrutture, senza dimenticarci - come forse è stato fatto con la crisi economica del 2008 - che comunque bisogna continuare a proteggere le persone.
Sapevamo di non aver sconfitto il lavoro nero, si è fatto molto per far emergere le imprese ma il lavoro nero c’è ancora. Adesso sta anche venendo fuori in maniera molto evidente che il lavoro in nero è un lavoro assolutamente non garantito, non tutelato e chi pensa che lavorare così comporta meno oneri, meno impegni e più libertà o guadagni superiori ad altri, oggi sa con grande evidenza che questi lavori sono i meno tutelati, sono quelli che restano immediatamente a piedi.
Adesso siamo di fronte ad un passaggio epocale perché è chiaro che dopo questa vicenda cambierà tutto nella percezione che abbiamo del mondo.
Cambia tutto rispetto alle sicurezze che pensavamo di avere anche rispetto ad una scienza che credevamo in grado di controllare la natura e, invece, si è visto che non è così.
Si metterà in discussione tutto.
La politica dovrà ripensare molte cose a cominciare da quelle che sono le priorità.
In questo momento, penso che sia fondamentale proteggere le persone per la democrazia del Paese. Il dare l’idea, quindi, che ci sia uno Stato che anche di fronte ad un’emergenza così grande non abbandona le persone. Questa è una cosa fondamentale di cui ci stiamo occupando.
Poi ci sono le questioni che riguardano l’Europa.
Questa è una prova decisiva per l’Europa: o l’Unione è capace di dimostrare che dentro questa vicenda è in grado di cambiare e assumersi le proprie responsabilità o non serve.
Anche in Italia bisognerà mettere in discussione molte cose: è possibile, ad esempio, avere 20 sistemi sanitari diversi?
Noi dobbiamo ripensare il sistema sanitario, non solo perché abbiamo disinvestito in questi anni.
Siamo arrivati in questa emergenza con ospedali con poco personale perché il blocco del turn over aveva portato a tutto questo ed erano già in crisi prima che ci fosse l’epidemia.
Abbiamo in qualche modo dismesso un pezzo di sanità pubblica.
Inoltre, ci sono due temi chiave: innanzitutto non penso che possa reggere un Paese di fronte a emergenze come questa con 20 sanità differenti perché poi si è visto che le Regioni da sole non sono in grado di gestirsi. Anche chi per molti anni ha spiegato che ci voleva l’autonomia, di fronte a questa situazione ha dovuto chiedere e oggi chiede ancora una mano allo Stato.
Secondariamente, ci sono dei modelli sanitari che hanno fallito. In Lombarda abbiamo costruito un modello incentrato sugli ospedali in cui tutto inizia e finisce lì e questo si è rivelato un disastro in questa fase. Non avere una sanità territoriale, che ha aiutato molto a fronteggiare questa crisi, come in Veneto o in Emilia è una cosa che stiamo pagando.
Non credo che diventeremo più schiavi dell’Europa. Il Governo ha posto con forza il tema che non possa essere la Germania a decidere di mandare avanti l’Europa senza soddisfare, in una fase come questa, i bisogni di tanti Paesi che hanno bisogno di liquidità, che hanno bisogno di un’Europa che aiuti, che finanzi la ripresa e la rinascita del Continente. La Germania ha le sue opinioni - che io ritengo siano sbagliate - ma non mi pare che l’Italia non stia facendo la battaglia, anzi, abbiamo detto che non siamo disponibili ad accettare soluzioni diverse da quelle di un’Europa che davvero aiuti.
Il MES è un Fondo Salva Stati ma il punto è se quei soldi - che abbiamo messo tutti - oggi possono venir utilizzati in questa drammatica emergenza per aiutare i Paesi senza i condizionamenti che abbiamo visto in passato (ad esempio sulla Grecia) o no.
La pandemia non è un problema solo italiano. Il tema è come si muove l’Europa per garantire liquidità ai sistemi economici per aiutare le persone e aiutare i Paesi.
Noi diciamo che l’Europa deve consentire investimenti in tutti gli Stati membri dell’Unione perché tutti i Paesi sono nelle nostre stesse condizioni. C’è un problema generale di tutta l’Europa.
Il Governo ha già stanziato 25 miliardi a disposizione delle famiglie per garantire tutti quelli che perdono il lavoro, comprese le partite iva e i professionisti; per garantire che ci siano gli spostamenti delle scadenze (chi doveva versare l’IVA o pagare il mutuo oggi non lo deve fare subito). Non abbiamo dimenticato gli oneri per le famiglie che devono tenere i bambini a casa e, quindi, abbiamo finanziato il congedo parentale e la possibilità di avere le baby sitter.
Nello sviluppo di questa vicenda che nessuno ha mai dovuto affrontare prima d’ora, è emerso anche il tema della condizione degli indigenti, cioè le persone più fragili e più deboli: ci sono tante famiglie che non hanno i soldi per mangiare.
I 400 milioni di cui si parla sono stati dati in più ai Comuni per consentire loro di aiutare gli indigenti per fare la spesa, in quanto sono i Comuni che possono sapere chi sono le persone in difficoltà, attraverso i servizi sociali.
Non si tratta di 60 milioni di persone, quindi, e non saranno i 7 euro che dice Salvini.
Se poi avessimo subito i 49 milioni che deve Salvini allo Stato invece che in 80 anni, potremmo avere ancora più risorse.
Video dell’intervista»
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