Il fermento delle città intermedie

Medio è bello. In Italia 161 «città intermedie», tra i 24.700 e 257mila abitanti, concentrano il 18% della popolazione, quasi 11 milioni di persone, vantano un patrimonio di 902 musei, un indice di offerta turistica (7,2 posti letto ogni 100 residenti) superiore a quello nelle città metropolitane (che è di 5,6), una maggiore percentuale di raccolta differenziata: 302 kg per abitante, mentre il valore medio nazionale è di 271 kg. Vi si concentrano circa un quinto (il 19,3%) delle imprese italiane, con una densità imprenditoriale di 11 ogni 100 abitanti (nelle città metropolitane è di 10 imprese su 100).
Il rapporto “L'Italia policentrica. Il fermento delle città intermedie” della associazione Mecenate 90 di Giuseppe De Rita, con l’ufficio studio Anci e Cles, è la fotografia della media dimensione, descrive il profilo di 10 città, Ascoli Piceno, Benevento, Cosenza, Foligno, Lecce, Parma, Pordenone, Ragusa, Rieti e Varese, tutte a grande tradizione storica ma che hanno rischiato di essere marginalizzate all’ombra delle città metropolitane, e si interroga sulle loro opportunità di sviluppo.
«Le città intermedie - secondo il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti - sono l’unica ossatura chiara. Siamo scesi sotto lo soglia psicologica degli 8mila ma ci sono Comuni che non possono offrire niente né agli imprenditori né al cittadino» per questo si deve ragionare sulle fusioni. «Cosa serve? Bisogna irrobustire la rete dei servizi sociali» per il sindaco di Lecce, Carlo Salvemini: «Il concetto di qualità della vita non si può declinare credibilmente laddove aumenta la forbice tra chi sta bene e chi no. E dobbiamo alimentare processi di sviluppo, con un ragionamento su spesa corrente e spesa per investimenti». «Nella legge di bilancio di quest'anno ci sono tante risorse - assicura il sottosegretario al Mef Pier Paolo Baretta - e c'è stata un'inversione».