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Complementarietà tra Palazzo Chigi e partito

Written by Piero Fassino.

Piero FassinoIntervista a Piero Fassino pubblicata da Il Messaggero.
Piero Fassino, sindaco di Torino, non giudica un fallimento l'esperienza del Pd: «È finito un ciclo, ma non una missione. Dobbiamo attrezzarci per nuovi compiti».
Spiega che con Enrico Letta a Palazzo Chigi sarebbe un errore «se si instaurasse una diarchia competitiva» con la leadership dei Democratici.
E infine difende Renzi che è andato in tv dalla De Filippi: «Io sono stato a C'è posta per te e c'è ancora chi se lo ricorda. Bisogna saper parlare a mondi nuovi».
Tutto molto bello sindaco. Però resta che il Pd in queste settimane ha offerto un'immagine di divisione e confusione. Letta premier e Renzi segretario è la ricetta giusta?
«Bisogna partire da una considerazione: il Pd nato nel 2007 ha compiuto il suo primo ciclo di vita. Il che non significa che sia venuta meno la missione per cui è nato: abbiamo bisogno di fare un salto, questo sì. Il Pd di questi sei anni è stato molto segnato dalle appartenenze dai due partiti che decisero di fondersi, Ds e Margherita. Ora quella summa non basta più, bisogna andare oltre».
Ma concretamente come? Cosa deve fare il Pd: mettere a capo un uomo nuovo come il sindaco di Firenze? Oppure rivolgersi ad altri?
«E' evidente che in ogni caso il Pd avrà un nuovo leader visto che Bersani si è dimesso. E se, come mi auguro, Enrico Letta riuscirà a formare il governo, anche il vicesegretario, diciamo così, avrà una nuova occupazione. Dobbiamo individuare una persona che guidi il partito con mano ferma e che lo possa fare in una sintonia piena con il premier. Guai se costruissimo una sorta di diarchia di tipo competitivo. Serve esattamente il contrario: occorre una complementarietà tra guida del governo e leadership Pd. Dobbiamo trovare una sintesi che tuteli questo equilibrio, sapendo che in ogni caso le soluzioni che adotteremo in queste settimane andranno poi verificate in un congresso dove il tema di fondo sarà la costruzione del nuovo Pd».
Guardiamo in faccia la realtà. Non sono pochi coloro che sostengono che la nascita del Pd è stata una fusione fredda, che il partito ha fallito la sua missione e ha fallito anche la classe dirigente che l'ha voluto e guidato.
«Io non concordo. Penso che sia necessaria una valutazione più equilibrata delle cose, fondata sulla storia del Pd e del Paese. Il nostro partito ha rappresentato un elemento di grande novità nel panorama politico italiano. Non dimentichiamoci che Io facemmo nascere per due ragioni. La prima, per superare un'esasperata frammentazione che ci aveva portato ad avere in Parlamento la rappresentanza di ben 37 partiti: una assurdità. La seconda, incidere attraverso la nascita di una grande forza politica di centrosinistra, sulla riforma del sistema politico-istituzionale. Il primo risultato il Pd l'ha prodotto. Il secondo obiettivo, invece, non è ancora raggiunto perché non si è riusciti a superare una legge elettorale devastante».
E Barca? Con il suo programma "di sinistra" non rischia di essere un ulteriore elemento divisivo?
«Il Pd è un partito plurale. Ciò che va chiesto ai dirigenti del Pd non è di censurare la propria opinione in nome di un formalismo unitario: piuttosto che ricerchino la sintesi usando la stessa determinazione con la quale si affermano le proprie legittime opinioni. Conosco bene Barca, è un uomo di grande esperienza e cultura, non a caso Ciampi ne ha una grande stima. Darà un contributo importante al Pd così come lo darà Matteo Renzi, che dà voce ad una istanza di innovazione e freschezza di cui abbiamo assoluto bisogno».
E' così innovativo che è andato dalla De Filippi ad Amici. E' quello il "nuovo" del Pd?
«Le forme della politica non sono ferme ed immutabili. Io sono andato a C'è posa per te e anelli fui criticato. Eppure quella sera mi videro otto milioni di persone, moltissimi dei quali non guardano mai Porta a Porta o Ballarò. Ancora adesso nei mercati trovo signore che mi dicono: sa, quella volta che la vidi in quella trasmissione... Abbiamo bisogno di aprirci alla società, a ogni suo segmento così come dobbiamo aprirci alla Rete, al web. Che, parliamoci chiaro, è anche un luogo di aggressione, di stalking politico. Però dobbiamo farci i conti. La sollecitazione che viene da Renzi in questa direzione è senza dubbio utile».