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Resistere o cadere

Written by La Repubblica.

Repubblica
Articolo di Repubblica.

Toni Morrison è in pace. Se ne va da un mondo caduto nuovamente nella trappola razzista. Lascia un’America inebetita, stanca, sporca di sangue, se ne va proprio quando la sua voce diventava ossigeno necessario. Era stata educata da una tragedia, proprio così. A due anni i suoi genitori non riuscivano a pagare l’affitto di casa e il proprietario diede fuoco all’appartamento. Ma non fu la tragedia a educarla né a segnarla, tutt’altro. La reazione dei genitori a quelle fiamme: scoppiarono a ridere. Non perdevano nessun bene prezioso, avevano avuto salva la vita, e in più mostravano alla figlia quanta idiozia c’è nella pervicacia dei crudeli, nella crudeltà delle persone. La vita prima di tutto e poi proteggere la propria dignità, questo Toni Morrison ricordava di quelle risate.
La sua scrittura traccia una morale imperativa e immanente, nessuna trascendenza o speranza ultraterrena: non puoi aspettare che il mondo diventi giusto per trovare una dimensione di felicità e giustizia. Per essere più chiari, i tribunali continueranno a condannare innocenti ma tu puoi scegliere di credere alle vittime, i governi trufferanno ma tu puoi decidere di non essere sommato al grande numero degli elettori truffati, puoi scegliere di provare a vivere per quel che puoi già con regole diverse dallo schifo di mondo in cui vivi. I protagonisti dei suoi libri resistono. Non aspettano aiuto, scelgono. O reagisci o soccombi, non c’è altra strada.
Questo sarebbe il titolo che potrebbe abbracciare tutti i suoi romanzi. La schiavitù non ti rende un’anima buona, il pregiudizio non ti aiuta a vivere con saggezza. Nulla è piu facile che trovare crimine, vizio, sbaglio in chi è ai margini della società, puoi trovare mille errori nella vita di chi non ha diritti. Non è l’innocenza o la postura mite che rendono la vittima glorificabile e quindi in grado di assurgere a simbolo del riscatto. La sua grande lezione è tutta in questa capacità di stare nella contraddizione: se ti aspetti di trovare l’afroamericano buono, felice, fedele, lavoratore integerrimo per poterlo mostrare come uomo che si merita la giustizia e la redenzione che non ha mai avuto, beh non lo troverai mai. L’ingiustizia non genera altro che dolore, non modelli di vita migliori. Ecco perché è molto complicato il percorso di giustizia. Perché prescinde dalle qualità e dalle scelte del singolo.
La sua letteratura è un invito ad agire proprio perché, stupri e rapine, droga e bande, pigrizia e ignoranza non siano l’unico risultato possibile dell’emarginazione. Nel romanzo L’occhio piu azzurro, Pecola bambina nera pensa che avere gli occhi azzuri di Shirley Temple possa aiutarla a non avere più addosso l’orrido sguardo diffidente della comunità. Ma non c’è occhio azzurro che possa trasformare il pregiudizio. Nulla sulla tua pelle deve cambiare per ottenere ciò che sei già: umano.
Toni Morrison quando iniziò a lavorare come editor nella Randomhouse a metà degli anni 60 riuscì a pubblicare testi fondamentali della letteratura afro. Il genio africano di Achebe e poi l’autore afroamericano verso cui aveva una venerazione Henry Dumas e molti altri. L’America non conosceva, anzi ignorava la letteratura africana e afroamericana. E per Toni Morrison era inconcepibile che la letteratura americana bianca di Hemingway o Faulkner ancora definisse i personaggi neri come neri: i bianchi erano banditi, donnaioli, ubriachi, i neri erano neri prima di ogni altra identificazione. Questo non era frutto solo di un tic identitario, ma di una vera e propria cultura. Basti pensare che solo sino al 1847 il codice penale americano intimava: «Qualsiasi persona bianca si ritrovi con schiavi o negri liberi, allo scopo di insegnare loro a leggere o scrivere, verrà reclusa in prigione per un periodo non superiore a 6 mesi».
L’energia intellettuale di Toni Morrison fu tutta spesa nel fermo tentativo di aprire linguaggi, non una definizione in base alla pelle, al gusto sessuale, al genere, all’etnia. L’uomo in quanto uomo. Detestava infatti la militanza femminista, che pure aveva visto nei suoi libri un riferimento. Toni Morrison sabotava ogni creazione di sistema chiuso. Nessun matriarcato potrà essere migliore del patriarcato, nessun nazionalismo anche se nero potrà risultare migliore di qualsiasi altro nazionalismo.
Proprio ragionando sul femminismo black e il femminismo radicale delle donne bianche degli anni 70 si espresse in modo del tutto originale: «C’è una grande differenza tra le femministe bianche e le femministe nere - disse - le femministe black difendono i loro uomini perché li fuori glieli ammazzano». La condizione della donna nera è la sua ossessione, le protagoniste dei suoi romanzi subiscono stupri dai genitori, vengono pestate e isolate, manipolate e violate ma vivono, sorridono, sono in grado di dare senso – loro e solo loro – a tutto il dolore che subiscono e trasformano.
Non temeva di dire che mentre uno scrittore nero non scriveva ormai diversamente da un uomo bianco, una donna nera scriveva in maniera profondamente diversa da una donna bianca. Il razzismo, tema centrale di tutta la sua vita, ha saputo pesarlo come nessun autore nel Novecento. Strumento di liberazione e non tabù spendibile dietro qualsiasi argomentazione, limite che frena ogni discussione, accusa da lanciare contro chiunque affronti temi controversi. Il razzismo in Toni Morrison ha colore, sangue, bava, fibra, non è un fantasma semantico. Il razzismo è la grande trappola in cui si cade quando non ti rimane altra definizione di te che in contrapposizione con l’altro. L’identità del bianco è data dall’esclusione del nero.
Senza il nero, tra i bianchi tornerebbero le divisioni in ricco, povero, bello, orrido, privilegiato o sfruttato, simpatico, ignorante, di talento. In contrapposizione al nero, invece, diventa solo bianco, vincente, parte attiva del mondo. Lo scopo di tutto questo, dice Toni Morrison, è semplice: far morire l’idea di un’umanità comune. Con Toni Morrison muore l’ossigeno americano. A Toni la terra non sarà lieve, ogni sua singola parola continuerà a sostenerne il peso e a incendiare la resistenza contro l’idiozia e la trappola del razzismo.