Camilleri, uomo e scrittore

Salinger faceva dire al giovane Holden: “Mi fanno impazzire i libri che quando hai finito di leggerli vorresti che l’autore fosse il tuo migliore amico, per telefonargli ogni volta che ti va”. Ma a volte, quando si conosce di persona uno scrittore che si è molto amato, si rimane delusi: difficile che riesca ad essere alla vertiginosa altezza delle pagine e delle emozioni che ci ha regalato. Nel caso di Camilleri invece l’uomo era straordinario come lo scrittore. Geniale, vulcanico, ironico, affabulatore.
Si rimaneva stregati da quella voce profonda dal tono sornione, levigata negli anni dalle sigarette, che scolpiva inesauribile parole, storie, aneddoti. Incontrarlo ha costituito ogni volta un privilegio, un dono. Da ministro ricordo la commozione per la cittadinanza onorario di Agrigento, il suo accorato appello, insieme a Buttafuoco, per la condizione della cultura in Sicilia. Intellettuale di enorme cultura, era attraversato anche da una forte sensibilità civile e politica, che affiorava, potremmo dire con leggerezza calviniana, in molte sue opere.
La ritroviamo nel senso di giustizia e di umanità del commissario Montalbano, sia quando si occupa di poveri cristi e diseredati di provincia, sia quando il riferimento ai temi più attuali e scottanti è più diretto: l’immigrazione clandestina, il traffico d’organi, le nuove mafie, la speculazione edilizia.
Da lettore ho sempre ammirato il miracolo di questo impasto sapiente di italiano e siciliano, che inizialmente spiazza e poi rapisce. Al primo contatto si rimane sorpresi ma dopo poche pagine, perfino un ferrarese come me, se ne impadronisce, lo sente proprio, incantanti dalla forza espressiva dei vocaboli, dal suono e dal ritmo, di una lingua così viva da non essere più letteraria ma dell’immaginazione e del cuore.
La sua Vigàta, Macondo mediterranea, continuerà a farci compagnia, a divertirci e allo stesso tempo a farci riflettere. Le sue pagine rimarranno sempre con noi. E’ una piacevole consolazione, una certezza, come quando la sera Montalbano apre il frigo e sa che troverà quelle squisite opere d’arte che gli ha lasciato in serbo Adelina.