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Cosa sta accadendo in Occidente

Written by Ignazio Ravasi.

Ignazio Ravasi Tra la fine del novecento e l’inizio del nuovo secolo abbiamo assistito ad un processo di trasformazione del capitalismo, definito “liberismo senza regole”, che ha prodotto la globalizzazione per raggiungere lo scopo di svincolarsi dai “controlli e dagli interventi regolatori della politica”. Le grandi multinazionali (ma pure medie realtà produttive) hanno teorizzato e sono state “incentivate” a localizzare (delocalizzando) la produzione in quelle parti del mondo dove i fattori della produzione (a partire dalla risorsa umana) erano a buon mercato (per usare un eufemismo). Poco importava se quella risorsa “lavoro” era pagata pochi spiccioli e fosse utilizzata senza tutele, diritti e quant’altro. E’ stato, quindi, del tutto naturale che ciò provocasse uno spostamento, non solo dei luoghi fisici della produzione, ma anche una redistribuzione mondiale del lavoro, con tutte le ovvie conseguenze.
La sinistra occidentale, che è sempre stata critica e portata a regolare gli squilibri provocati dalle avidità del “capitale”, si è trovata spiazzata ad affrontare la nuova fase del “liberismo” sia perché la sua critica non veniva incoraggiata dal “capitale” e dagli elettori, quanto perché quel liberismo produceva un processo di “miglioramento” nelle vite di milioni di esseri umani prima d’allora tagliati completamente fuori dalla vita.
Ora, nazionalismi, capitalismo e stalinismo sono alla base di tutte le guerre, di tutte le peggiori tragedie a cui è stata esposta l’umanità. Ovvio, dunque, che la preoccupazione e l’obbiettivo fosse quello di tentare di perseguire politiche che evitassero che quegli “interessi” provocassero altre guerre.
Purtroppo, se tiriamo le somme, possiamo costatare;
a) Si sono evitati conflitti tra le superpotenze, ma sia nel novecento che in questo scorcio di secolo, le guerre si sono moltiplicate un po’ ovunque nel mondo;
b) Il capitalismo è riuscito a svincolarsi totalmente dai controlli degli Stati;
c) Mentre il capitalismo si è globalizzato, la politica è rimasta confinata negli Stati Nazionali ma, ormai, con scarsi poteri di deterrenza rispetto alle decisioni del “capitale, della finanza, della produzione”;
d) La sinistra ha finito per assecondare i processi liberistici finendo per essere identificata con le “élite” del capitalismo;
e) La stessa costruzione dell’Unità Europea, che aveva il senso di avviare una capacità nuova di “governance” della politica, sotto il segno delle forze di centro destra europeo ha finito per assumere il carattere di “gendarme” dell’austerità, come unica via di uscita dalla gigantesca redistribuzione delle risorse e dei redditi messa in campo dal liberismo capitalistico.
La manipolabilità delle coscienze e del consenso umano, a seguito del gigantesco sviluppo delle tecnologie e della loro utilizzabilità da parte delle masse popolari, risulta evidente dalla contraddizione per la quale, i ceti medi e i ceti popolari dei paesi occidentali (impoveriti dai processi di mondializzazione capitalistica), con il loro “voto”, mettono nelle mani di “miliardari” le sorti delle loro nazioni. Quasi che la responsabilità per le difficoltà di una nuova equa redistribuzione delle risorse non fosse del “sistema capitalistico e dei singoli capitalisti” ma interamente ed esclusivamente della politica. E’ ovvio che le responsabilità devono essere invertite, ma nessuno ha mai tentato di farlo e nel farlo mettere in atto una nuova proposta politica di sinistra.
A tutto questo si aggiunga la strenua difesa operata dalle superpotenze, foriera di molte guerre cosiddette “locali” dalle quali sono partite migrazioni più che bibliche verso l’occidente e in particolare verso l’Europa.
Anche su questo terreno la critica della sinistra è stata insufficiente e tale da non rendere ben visibile le responsabilità (ad esempio, nel senso comune occidentale si è fatta strada l’idea che le migrazioni fossero colpa dei migranti).
Adesso, scoppiano tumulti nella vecchia Europa la cui origine va ricercata nell’impoverimento (molto relativo) del ceto medio e dei ceti popolari. Una sorta di reazione anticapitalistica alla mondializzazione capitalistica. Piattaforme assurde unite a proposte politiche non praticabili si aggirano per l’Europa favorendo le ricette più semplicistiche e contradditorie. Ma rimettere le lancette degli orologi a prima della “globalizzazione”, non è possibile; così come non è possibile impedire alle tecnologie di offrire la libertà della possibilità di ogni singolo individuo di entrare on-line in qualsiasi operazione finanziaria o di trading in ogni parte del mondo e in qualsiasi momento del giorno.
E’ tempo che la sinistra in Occidente riprenda nelle mani il proprio destino. Nessun altro soggetto, svuotato alla radice, sin dall’inizio di soggettività , potrà assolvere ai compiti giganteschi che sono posti di fronte, oggi, all’umanità.
La politica deve essere capace di elevarsi a quella dimensione mondiale (alla quale è pervenuto il “capitale”) e saper ancora una volta costringere il “capitale” entro regole, limiti e equità, che il capitale per propria natura non ha e non potrà mai avere.
Davanti a noi non sta una nuova rivoluzione proletaria o piccolo borghese, tantomeno “nazionalistica”. Queste strade condurranno solo all’esasperazione degli animi, delle persone e delle loro rabbie represse.
Il compito che sta di fronte alla politica, ma in particolare alla sinistra liberale, la sinistra dei diritti, dell’equità, delle libertà, della non violenza, dell’ecologismo, è quella di definire una proposta all’altezza di queste cose da me brevemente accennate, una proposta che metta in campo una battaglia mondiale, partendo dalla battaglia per la costruzione dell’unità europea, capace di promuovere quella pace, libertà, benessere, quella libertè, egalitè, fraternitè, che da secoli sono iscritte nel suo DNA.
E’ naturale che questa battaglia non possa trascurare il compito di fare la politica qui e ora, nelle condizioni date, nei singoli campi nazionali e debba essere capace di parlare non solo alle menti ma anche alle pance dei cittadini, affrontando tutte le questioni anche quelle più spinose legate alla sicurezza (che guarda caso non tocca i ricchi – hanno i soldi per difendersi - ma tocca soprattutto il nostro popolo, le periferie, i vecchietti indifesi).
Ecco è tempo che la sinistra rialzi la testa e comprenda che senza la sua presenza il mondo sarà sempre più ingovernabile e preda dei ricchi manipolatori, o esposta ai vari “masanielli” colpiti da deliri di onnipotenza, proprio per la loro impotenza politica e culturale.