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Opposizione non è afasia

Written by Marina Sereni.

Marina Sereni Eletti i Presidenti di Senato e Camera (a cui vanno i miei auguri di buon lavoro), nominati i capigruppo e in attesa di completare gli assetti delle Presidenze dei due rami del Parlamento, le forze politiche si preparano alle consultazioni del Capo dello Stato per la formazione del Governo. Ancora qualche giorno e la delegazione del Pd guidata dal Segretario reggente Martina e dai presidenti dei gruppi parlamentari si recherà al Quirinale per esporre le nostre idee sul futuro della legislatura. Credo dunque sia proprio venuto il momento di dire qualcosa in più della fatidica frase “tocca a loro”. Non perché debba o possa essere il Pd ad indicare formule o scenari quanto piuttosto perché anche prepararsi a stare all’opposizione non ci esime dal fare politica.
E fare politica significa far pesare il nostro partito in Parlamento, dire su quali contenuti faremo sentire la nostra voce verso chiunque si troverà a guidare il prossimo governo. Indico quattro temi, senza avere la pretesa di svilupparli.
Il primo riguarda la collocazione internazionale del nostro Paese. Con grande nettezza occorre porre alle forze che si candidano a formare un governo la necessità di una sostanziale continuità lungo i due binari che hanno storicamente caratterizzato la politica estera dell’Italia: europeismo e atlantismo. Ribadire l’appartenenza (e dunque la solidarietà) al progetto europeo e al campo atlantico è un punto irrinunciabile per garantire gli interessi nazionali del nostro Paese sia in termini di sicurezza e difesa sia in termini di crescita e stabilità economica. In particolare nel momento in cui Francia e Germania si predispongono a discutere e a promuovere una riforma della governance economica dell’Unione credo tocchi al PD sottolineare come la presenza (o l’assenza!) del nostro Paese può essere essenziale per cercare di rafforzare il progetto europeo e di renderlo più aderente alle aspettative dei cittadini. In questo senso la credibilità del prossimo governo si misurerà anche sulla capacità di ridimensionare le promesse elettorali e di indicare proposte ragionevoli e compatibili in termini di conti pubblici.
E qui viene il secondo tema. Tutti abbiamo riconosciuto il fatto che al fondo del voto del 4 marzo ci sia stato un malessere sociale diffuso che noi abbiamo colto solo in parte. Tuttavia, proprio perché le proposte del M5S e del centrodestra appaiono da un lato contradditorie e dall’altro insostenibili finanziariamente, ritengo che tocchi al Pd dire a chi si candida a governare il Paese di non sciupare le riforme fatte dai nostri governi e semmai di lavorare a migliorarle. Lotta alla povertà e occupazione sono due facce della stessa medaglia. Usare bene il Reddito di Inclusione, finanziandolo di più e allargando la platea dei destinatari; attuare pienamente la parte del Jobs Act che riguarda le politiche attive del lavoro, investendo risorse e competenze e facendo sistema tra pubblico e privato, tra imprese e sistema scolastico; rendere definitivamente permanenti gli sgravi fiscali sul lavoro stabile e di qualità.
Il terzo tema che vorrei indicare riguarda lo sviluppo sostenibile. Nella passata legislatura è cresciuta la consapevolezza dell’urgenza di politiche che promuovano un diverso modello di crescita economica, più attento alle risorse ambientali e all’innovazione. Si è evidenziato su molti provvedimenti un dialogo possibile in Parlamento mentre su altri – penso tra tutti alla questione dell’Ilva di Taranto – le distanze sono state incolmabili. La sfida è epocale – per il mondo industrializzato e non solo per l’Italia. Credo tocchi al Pd sollecitare il nuovo governo a superare ogni rigidità ideologica e a non rinunciare a coniugare lavoro, ambiente, salute, cercando sempre le soluzioni migliori praticabili.
Infine, il quarto titolo: la sicurezza e l’immigrazione. Stiamo parlando di una questione che ha drammaticamente segnato la campagna elettorale. Ma ora chi ha soffiato sul fuoco della paura potrebbe doversi misurare con l’azione di governo. Noi abbiamo cercato, soprattutto nell’ultimo anno, di prendere sul serio le preoccupazioni e le inquietudini dei ceti più popolari e di gestire i flussi migratori con rigore e senso di responsabilità. C’è ancora molto da fare per migliorare il sistema italiano dell’accoglienza e soprattutto dell’integrazione. C’è ancora molto da fare per migliorare la vita delle nostre periferie e aiutare le persone più deboli a non sentirsi sole e minacciate in una società che cambia. Credo tocchi al Pd dire a chi si appresta a governare che sosterremo tutte quelle misure che si propongono di rassicurare anziché di spaventare gli italiani, mantenendo fermi i valori fondamentali del rispetto della vita umana.
Ho finito con i consigli non richiesti che sento di dover dare al Pd. Perché la sconfitta del 4 marzo non si supererà se non ripartendo da un’idea di “bene comune”, non sfuggendo alle responsabilità politiche che spettano al secondo partito italiano. Dall’opposizione si può e si deve fare politica avendo in testa l’Italia. Tanto più se abbiamo l’ambizione – e non possiamo non averla – di rappresentare gli elettori che abbiamo convinto e ancora di più di riconquistare quelli che ci hanno – momentaneamente – voltato le spalle.