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Ricordo di Giovanni Bianchi

Written by Lorenzo Gaiani.

Lorenzo Gaiani
Articolo pubblicato sul Sicomoro.

A sei mesi dalla scomparsa di Giovanni Bianchi restano molti che lo ricordano perché conoscevano ed apprezzavano la multiforme attività di questo militante sociale e politico, intellettuale e poeta.
La vita di Bianchi è stata essenzialmente quella di un militante: militante del movimento cattolico e di quello operaio, militante nel senso novecentesco di soggetto completamente immerso nella battaglia sociale e politica al punto tale da modellare su di essa la sua esistenza, i suoi studi, la rete delle sue amicizie. Nello stesso tempo, il radicamento nel territorio e nella vita di fede fece sì che questa militanza non diventasse mai smarrimento o disorientamento.
La personalità di Bianchi, pur essendo attivamente impegnato come uomo di parte sia nelle ACLI che in politica, si definì sempre come quella di un elemento di moderazione e di riconosciuta correttezza.
L’applicazione concreta del popolarismo alla vita delle ACLI fu declinata nella prospettiva della “politicità del civile”, ossia della capacità delle realtà associative di esprimere istanze politiche proprie superando la dimensione di collateralismo. Il punto più alto della parabola di Bianchi nelle ACLI fu il XIX Congresso straordinario svoltosi a Chianciano Terme nel dicembre del 1993, in cui, oltre ad adottare provvedimenti per il rinnovamento della struttura del Movimento, si definiva, nell’imminenza delle prime elezioni di stampo maggioritario della storia repubblicana, la prospettiva di uno schieramento riformatore in cui le forze del neonato Partito popolare si affiancassero a quelle della sinistra democratica e Bianchi nella sua replica finale indicò in Romano Prodi il possibile federatore di quel cartello.
In generale si può dire che come uomo di partito e delle istituzioni Bianchi fu attento ed attivo, svolgendo spesso ruoli delicati che non gli vennero riconosciuti a sufficienza, al punto che la sua stessa fuoriuscita dal Parlamento nel 2006 sorprese molti.
Egli scelse comunque di mettersi al servizio delle diverse evoluzioni del progetto politico in cui credeva, assistendo prima all’esaurimento del percorso del PPI e alla nascita della Margherita ed infine alla creazione del Partito Democratico (di cui fu il primo Segretario metropolitano milanese) come sintesi di tutte le forze riformiste italiane.
Pur essendo stato fra i primi ad esprimersi sulla necessità della nascita del PD Bianchi fu sempre critico sulle varie fasi dei primi dieci anni di vita di questo partito: ciononostante egli non indulse mai a nostalgismi e catastrofismi, e ancora recentemente rilevava che “il cattolicesimo democratico (…) nel PD va sperimentando le modalità di una sopravvivenza e di quella coniugalità che pare inerire alla sua multiforme cultura ed alla sua irrinunciabile prassi. Perfino i suoi limiti sono tali da richiamare quello sturziano della politica, a partire dal quale si dà tutta l’elaborazione del popolarismo nel nostro Paese. In questo senso, non si vede altro luogo ideologico dal quale tentare un’analisi e valutare una prospettiva politica concreta”.