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Area Expo, una città da 80 mila persone

Written by Giuseppe Bonomi.

Giuseppe Bonomi
Intervista del Corriere della Sera.

Gli scatoloni sono ammucchiati in un angolo. Segno che è partita la fase due, quella della realizzazione. Dall’8 gennaio la società Arexpo trasloca nel suo luogo naturale, il sito che ha ospitato Expo e che nel giro di cinque-sei anni si trasformerà nel più grande Parco della Scienza, del Sapere e dell’Innovazione d’Italia. «Una città nella città che ospiterà 80 mila persone» spiega l’ad della società, Giuseppe Bonomi. Sarà completata entro il 2024. A dire il vero Bonomi, insieme ai suoi uffici, non sarà il primo abitante a «sbarcare» sul sito. È stato preceduto il 22 dicembre dai ricercatori di Human Technopole a cui sono state consegnate le prime postazioni a Palazzo Italia.
Bonomi, quando è arrivato 18 mesi fa si sarebbe immaginato di tagliare questo traguardo?
«È stato complicato. Siamo partiti come una società senza struttura aziendale. Di fatto eravamo una start up. All’inizio non c’era una visione chiara di quello che doveva essere il piano di sviluppo dell’area».
Poi cosa è successo?
«Il nostro primo compito è stato individuare la visione e di consolidarla: il Parco della Scienza e del Sapere. Obiettivo raggiunto. Il Parco non è più solo uno slogan. Ancor di più dopo l’aggiudicazione della gara a Lendlease. È un unicum in Italia con una caratteristica e una vocazione: l’integrazione virtuosa tra funzioni pubbliche e private. E poi c’era un problema di credibilità».
Quale?
«Ricordo che alla società era stato affidato il compito di acquisire le aree e rivenderle in blocco. Nel 2014 la gara andò deserta. Come recuperare credibilità? Mantenendo gli impegni e rispettando i tempi che ci siamo dati da soli. Anche questo obiettivo è stato raggiunto. Siamo arrivati a un punto di non ritorno rispetto alla trasformazione dell’area. È stato firmato il contratto preliminare con il Galeazzi e l’accordo quadro per Human Technopole. È stata aggiudicata la gara per il masterplan e il 22 dicembre abbiamo consegnato i primi spazi di Palazzo Italia al Tecnopolo».
Quali sono i tempi?
«Partiamo dalle funzioni pubbliche che hanno il grande merito di essere attrattive per gli investimenti privati. Il cronoprogramma prevede la consegna di tutti gli spazi da qui fino a dicembre 2021. Il contratto definitivo con il Galeazzi sarà stipulato a marzo e subito dopo partiranno i cantieri. Tempo previsto: 36 mesi. Ci aspettiamo una decisione definitiva da parte della Statale per il campus universitario entro marzo».
Manca ancora l’ultimo via libera dalla Statale. È preoccupato?
«Sono ottimista anche perché è ora di guardare avanti. Non si tratta solo di trasferire dei dipartimenti ma di dar vita a un nuovo modello universitario. Dobbiamo pensare agli studenti del futuro e dotarli di strutture che consentano una competitività reale a livello internazionale. L’idea di un campus sul modello europeo significa cominciare a progettare una città per gli studenti. Inoltre, il fatto che ci sia un interesse del Demanio sui beni della Statale a Città Studi mi rende confidente che si possa trovare una leva economica importante per presentare al Senato accademico e al cda un progetto non solo convincente ma anche sostenibile. Il campus può essere realizzato in 36 mesi. Non è utopistico pensare a un completamento nel 2023».
Human Technopole?
«Fine lavori nel 2021, ma già a dicembre 2018 ci lavoreranno 400 ricercatori. A regime Human Technopole avrà 7 centri di ricerca e 4 strutture scientifiche di supporto».
Le opere private?
«Vogliamo chiudere il masterplan per la primavera. Poi i Comuni di Milano e Rho dovranno approvare lo strumento urbanistico attuativo. È uno snodo decisivo perché si passerà alla realizzazione del masterplan. Se, come credo sia possibile, ottenessimo l’approvazione per fine settembre 2018, i lavori sulla parte privata partiranno a inizio 2019».
C’è una stima tra investimenti e indotto?
«Lendlease investirà come minimo 1,5 miliardi di euro. Lo Studio Ambrosetti ha stimato in 10 anni per le sole funzioni pubbliche un impatto economico di 6,9 miliardi di euro. Si parla spesso di Modello Milano. Noi lo stiamo sperimentando positivamente sulla nostra pelle. Non è indifferente che amministrazioni rette da maggioranze diverse sostengano un unico progetto di sviluppo. Ha funzionato per Expo e funziona per noi. È una leva per attrarre finanziamenti soprattutto esteri da cui il territorio trarrà grandi benefici. Non ci stiamo limitando a costruire edifici, ma una vera e propria città di 80 mila persone».
Il gruppo secondo classificato ha presentato ricorso al Tar. È preoccupato?
«È fisiologico. Succede anche per gare d’appalto di 300 mila euro. Noi siamo sufficientemente tranquilli. Le offerte sono state valutate da un comitato di esperti e credo che si possa arrivare al giudizio già a gennaio 2018. Intanto non ci siamo fermati».