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Fari cinema

Written by Roberto Pecoraro.

Roberto Pecoraro "Fari cinema", tradotto letteralmente dal siciliano vuol dire: "Fare cinema".
È un'espressione che può essere utilizzata per stigmatizzare una sorta di messinscena: un qualcosa fatto praticamente al solo fine della forma... sapendo, dal principio, che non se ne otterrà alcun risultato concreto. Le parole sono importanti, diceva Nanni Moretti, e vanno utilizzate bene.
Sono un Ingegnere, e per i tecnici le parole sono di contorno. Contano di più i numeri, che servono per modellare la materia: per fare le cose, gli oggetti.
Lavoro nell’Industria da diciassette anni, ho fatto il capo reparto in fabbrica per dieci anni. In fabbrica le parole “servono”, sono strumentali… e sono poche: perché si deve decidere in fretta, per non farsi sovrastare dalle macchine.
A volte, in fabbrica, le parole sono anche dolci: per consolare un collega, per parlare di un problema personale, per non lasciare tutto lo spazio alle macchine.
Scrivo romanzi per gioco, e nei romanzi le parole sono tutto. Sono il filo sottile su cui vive chi racconta: sopra l’immenso vuoto che, spesso, la storia raccontata gli sta lasciando dentro.
Vivo in periferia, al Corvetto di Milano, e qui le parole servono per parlare con la gente. Per entrare in sintonia con note diverse dalle tue: diverse dal rumore della fabbrica, dal contorno dei calcoli ingegneristici… diverse dai sogni che racconti nei libri. Ma servono anche orecchie acute per ascoltare… e sensibilità per cogliere la sofferenza e il disagio.
E poi ci sono le tonnellate di parole che si dicono nei circoli; alcune sono importanti, per carità, ma molte sono tolte al dialogo con la gente di strada… e le orecchie perdono l’abitudine ad ascoltare la voce silenziosa degli ultimi, delle persone comuni, del mondo.
Ricevo i primi risultati delle varie mozioni in votazione nel PD: praticamente un plebiscito per Matteo Renzi.
Emiliano, che farebbe bene ad occuparsi della Puglia - per governare tanti cittadini l’hanno votato - quasi non pervenuto. Orlando nettamente distaccato.
Tutto ciò era prevedibile? Certamente sì: lo sappiamo tutti, non nascondiamocelo!
Matteo è stato generoso, ha voluto dare ancora un’altra prova, l’ennesima. È un uomo che da anni si sottopone, come se dovesse espiare, da sempre, un peccato originale.
Ma ormai è andata così, tante parole… dentro i circoli, nelle riunioni, nelle sotto-riunioni: tutte parole tolte alla strada, tolte al confronto con la gente comune.
Nel frattempo gli altri stanno fuori, per strada, a raccontare la storia che vogliono: noi continuiamo a parlare, a parlare, a parlare… riempiamo i muri di parole… e poi, molte, le scriviamo anche.
Tornate in strada, per favore!
Caro Matteo, finito il cinema, metti in pista un esercito di uomini disposti a sporcarsi d’asfalto: a dire parole semplici, guardando negli occhi l’interlocutore.
Un ultimo pensierino.
Ormai l’abbiamo capito: Matteo Renzi è una calamita!
Attira tutto con forza: consensi e antipatie.
È oggetto di un odio che nemmeno Berlusconi era riuscito a catalizzare.
Perché?
Perché, probabilmente, una parte degli italiani (di tutti i partiti, forse anche del PD) è invidiosa, livorosa. Ha bisogno di provare questi sentimenti per vivere, per andare avanti.
E Matteo li attrae inesorabilmente, suo malgrado: come un gigantesco magnete.
La sua colpa è quella di essere stato il più giovare segretario del PD, il più giovane premier. Aver avuto successo a 40 anni; senza essere passato, strisciando, dagli ambienti delle élites economiche e (pseudo)culturali del paese, dai salotti radical chic.
In estrema sintesi ed usando un delicatissimo francesismo: Renzi fa rodere il culo!
A me, però, sta simpatico: con tutti i suoi limiti e con alcune evidentissime goffaggini.
Mi spiace per chi lo odia, per chi se n'è fatto quasi una malattia... mi spiace, davvero!

Fonte: AreaDem