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Le motivazioni della Riforma Costituzionale

Written by Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli
Intervento svolto a Cinisello Balsamo.

Penso che sia importante fare una discussione sul merito della riforma costituzionale per cercare di spiegarne le ragioni e il contenuto su cui i cittadini andranno ad esprimersi con il voto il 4 dicembre.
In queste settimane è sembrata prevalere l’idea che questo sia un referendum sul governo, su Renzi o sulla legge elettorale mentre in realtà non è niente di tutto ciò.
Il referendum è su una riforma che in tanti chiedevano da molto tempo.
La ragione è che la nostra democrazia non è in un buono stato di salute. Quando a votare si reca solo il 50% dei cittadini italiani o quando in Parlamento si dà il brutto spettacolo che è stato dato quando si è tentato per la prima volta di eleggere il Presidente della Repubblica dopo la scadenza del primo mandato di Napolitano, è evidente una crisi istituzionale e una crisi del rapporto tra i cittadini e le istituzioni e tra i cittadini e la politica. Oggi c’è una crisi di credibilità delle istituzioni stesse ed è evidente, quindi, che la democrazia non è in buona salute. Per questo, dobbiamo cercare di guarire la democrazia e di ricostruire un patto tra i cittadini e le istituzioni.
Le istituzioni oggi sono in crisi prevalentemente perché non sembrano in grado di affrontare e risolvere nei tempi dovuti i problemi dei cittadini.
Con la riforma costituzionale proposta si cerca di rimediare a questa situazione e la politica cerca di ricostruire un patto con i cittadini e lo fa cambiando prima di tutto se stessa, cambiando l’assetto istituzionale del bicameralismo paritario, riducendo il numero dei parlamentari, riducendo il costo del funzionamento delle istituzioni, cancellando del CNEL, cambiando il Titolo V della Costituzione che regola i rapporti tra Stato e Regioni e ciò che è indicato sul quesito referendario.
La modifica del Titolo V, ad esempio, è utile per risolvere i contenziosi tra Stato e Regioni ma anche per rimettere a posto una serie di cose che in questi anni hanno reso più difficile la vita dei cittadini in una parte del Paese.
Con la modifica del Titolo V che aveva realizzato il centrosinistra si sono create delle disparità per cui oggi occorre tornare indietro.
Oggi, infatti, un cittadino del Sud non si vede garantito lo stesso diritto alla salute di un cittadino del Nord, anzi, spesso i cittadini del Sud devono venire al Nord a curarsi.
Regionalizzando la sanità, abbiamo prodotto una situazione per cui i cittadini italiani del Meridione non hanno le stesse opportunità di cura e di accesso alla Sanità che abbiamo in Lombardia.
Il problema, quindi, non è ridurre le prestazioni sanitarie che hanno i cittadini lombardi ma lavorare per garantire a tutti le stesse possibilità di cura che ci sono in Lombardia.
I cittadini del Sud, infatti, oggi vengono al Nord per potersi curare e Regione Lombardia si arricchisce anche perché le Regioni del Sud non sono in grado di far funzionare la loro Sanità e pagano le loro prestazioni a Regione Lombardia.
Questo, oltretutto, ha prodotto un’esplosione dei costi sanitari grandissima: noi spendiamo tantissimo in Sanità.
Cambiare le norme che hanno prodotto questa situazione, quindi, significa ritornare ai costi standard e costruire una Sanità meno costosa e dare un diritto uguale a tutti i cittadini italiani su tutto il territorio nazionale e credo che questa sia una cosa assolutamente giusta.
Con la riforma costituzionale, dunque, viene restituito alla Stato il dovere di garantire i diritti universali dei cittadini.
Con la riforma, modifichiamo, quindi, la Seconda Parte della Costituzione per fare in modo che lo Stato sia maggiormente capace di applicare quei principi che i nostri Costituenti hanno voluto e scritto nella Prima Parte e che ora fatichiamo ad applicare perché le istituzioni non funzionano come dovrebbero.
Per questo vogliamo superare il bicameralismo paritario, cioè un sistema per cui affinché una legge venga approvata occorre che in entrambe le Camere sia approvato lo stesso identico testo (motivo per cui i tempi legislativi del Parlamento sono lunghissimi).
Avere tempi legislativi lunghi e attendere l’approvazione di un identico testo nei due rami del Parlamento, chiaramente, non consente di dare risposte nei tempi rapidi come occorre fare in una società come quella attuale.
Per questo vogliamo che ci sia una Camera sola che faccia gran parte delle leggi ordinarie.
Inoltre, occorre restituire centralità al Parlamento. Questo, a mio avviso è un valore e lo si può fare anche - come dice la riforma - costruendo una “corsia preferenziale” per alcune leggi che il Governo ritiene importanti e, quindi, desidera che vengano approvate presto e che il Parlamento si impegna a votare entro 70 giorni.
In questi ultimi vent’anni, invece, per poter dare le risposte necessarie alle varie esigenze in tempi rapidi, tutti i Governi che si sono succeduti, di qualsiasi colore politico, hanno fatto i decreti legge.
Il decreto legge, invece, dovrebbe essere uno strumento da utilizzare solo in caso di emergenza straordinaria mentre ora viene usato in continuazione perché per approvare leggi ordinarie ci si impiega circa 500 giorni.
Il decreto legge, inoltre, entra in vigore subito dopo l’emanazione e dopo il Parlamento lo deve ratificare (e ovviamente non ci sono molti margini per fare modifiche). Nell’approvazione, spesso, si è abusato dell’utilizzo della “fiducia”.
Se passa la riforma costituzionale non sarà più così.
Oltretutto, anche su questa questione, l’Italia è l’unico Paese al mondo in cui le due Camere votano la fiducia al Governo in tempi diversi.
La nostra architettura istituzionale è stata concepita in questo modo perché quando è nata la nostra Costituzione era il periodo della Guerra Fredda e si voleva garantire di evitare ai vincitori delle elezioni di non avere una maggioranza significativa in entrambi i rami del Parlamento. Per questo abbiamo due Camere che hanno entrambe il dovere di votare la fiducia al Governo ma sono costituite in modo diverso e elette con basi elettorali diverse: la Camera dei Deputati è eletta dai maggiorenni su base nazionale mentre il Senato è eletto dai venticinquenni su base regionale. Questo ha prodotto esattamente ciò che i Costituenti di allora volevano e cioè che difficilmente ci sono stati dei Governi che hanno avuto una maggioranza in entrambi i rami del Parlamento, anche con leggi elettorali maggioritarie.
A mio avviso, la democrazia c’è quando i cittadini votano e scelgono chi eleggere e poi chi è stato scelto viene messo nelle condizioni di governare.
Per me è democrazia se il cittadino sceglie chi eleggere, il giorno dopo le elezioni si sa chi ha vinto e chi ha vinto deve essere nelle condizioni di poter governare. Poi, nelle elezioni successive, saranno i cittadini a dire se chi ha governato ha fatto bene o no.
Non è vero che dare ai numeri per governare implichi necessariamente una svolta autoritaria.
Inoltre, la legge elettorale verrà modificata per dare rassicurazioni anche in questo senso.
I contrappesi, comunque, ci sono. Uno di questi è la Corte Costituzionale con due membri eletti dai nuovi senatori (che saranno espressioni delle Regioni e non della maggioranza di Governo) mentre la Camera ne vota tre insieme e la minoranza ha lo spazio per eleggere un membro. E poi c’è il Presidente della Repubblica che, con la riforma, si potrà eleggere con i tre quinti dei votanti e, quindi, non ci sarà mai la possibilità di eleggere un Presidente della Repubblica senza la partecipazione delle minoranze; cosa che invece oggi è possibile e, quest’ultima volta, il PD avrebbe potuto eleggere Mattarella da solo.
Video dell'intervento»

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