Print

Per un’Italia che sa votare SI

Written by Stefano Belloni .

Stefano Belloni
Documento di Stefano Belloni del Comitato per il Sì di Monza.

Voto SI perché non condivido le attitudini conservatrici, politiche-strumentali e “dottrinarie perfezioniste” (dal dire “abbiamo la Costituzione più bella del mondo, non provate a toccarla” - visto che le modifiche non riguardano la parte sui principi fondamentali ma solo l’organizzazione delle istituzioni - fino a voler esclusivamente colpire il Governo ed il Presidente del Consiglio) e sono convinto che, così come si fa in “campo formativo” il governare sia l’azione di un “capitano di una nave” (l’introduzione di punti sostanziali) e di una “governante di una casa” (l’introduzione di doverosi aggiornamenti).
Convinto che il NO al referendum costituzionale, così come dice l’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: “comporterebbe la paralisi definitiva, la sepoltura dell’idea di revisione della Costituzione”; “in Europa non esiste quasi più nessun esempio di Senato eletto direttamente dai cittadini”; “siamo in ritardo gravissimo … i tentativi sono stati molti”; “se si affossa anche questo sforzo di revisione costituzionale, allora è finita: l’Italia apparirà come una democrazia incapace di riformare il proprio ordinamento e mettersi al passo coi tempi”.
Non volendo sottovalutare la rilevanza del passaggio, dove i cambiamenti porteranno: alla fine del Senato come l’abbiamo conosciuto nella storia repubblicana, all’abolizione del bicameralismo perfetto, alla riduzione dei parlamentari, a nuovi sistemi di elezione del presidente della Repubblica e della Corte Costituzionale, alla scomparsa di un organo ormai inutile come il CNEL, a fare chiarezza nei rapporti tra Stato e Regioni, togliendo dalle mani di quest’ultime materie di legge che hanno provocato infiniti conflitti e danni all’economia del Paese.
Occorre presentarsi all’appuntamento del prossimo 04 dicembre ben informati e liberi di scegliere, sapendo che in gioco è solo la riforma della Costituzione e non altre cose.
Stando quindi nel merito della riforma costituzionale, quali le questioni poste nel referendum? Dopo anni e anni di sforzi, il parlamento della XVII legislatura è riuscito a varare con una larga maggioranza – quasi il 60% dei componenti di ciascuna Camera in ognuna delle 6 letture – una riforma costituzionale che affronta efficacemente alcune fra le maggiori emergenze istituzionali del nostro Paese. Il testo modifica molti articoli della Costituzione, ma non la stravolge. Riflette anzi una continuità con le più accorte proposte di riforma in discussione da decenni e, nel caso del Senato, col modello originario dei Costituenti e poi abbandonato a favore del bicameralismo paritario impostosi per ragioni prudenziali dopo il fascismo e con la guerra fredda alle porte. Oggi quel contesto storico è lontano.
Quali i punti di cambiamento sostanziale della riforma?
Superamento dell’anacronistico bicameralismo paritario indifferenziato, con la previsione di un rapporto fiduciario esclusivo fra Camera dei deputati e Governo, per evitare il rischio di un indebolimento della democrazia parlamentare.
L’inizio della costruzione di un nuovo Senato (95 + 5) che rappresenta le istituzioni territoriali: concorre, partecipa, valuta ed esprime (vengono fissate le regole per il primo mandato e le disposizioni per una futura legge elettorale da scrivere). Mandato coincidente con l’organo territoriale. Carica di sette anni per i 5 Senatori nominati dal Presidente della Repubblica.
• Lo sforzo per ridurre o contenere alcuni costi della politica è significativo: 215 parlamentari in meno e 315 stipendi in meno. I neo-Senatori sono anche Consiglieri regionali o Sindaci, per cui la loro indennità resta quella dell’ente che rappresentano; un tetto all’indennità dei consiglieri regionali, parametrata a quello dei sindaci delle città grandi; il divieto per i Consigli regionali di continuare a distribuire soldi ai gruppi consiliari; la fusione, infine, degli uffici delle due Camere ed il ruolo unico del loro personale.
• I poteri normativi del governo vengono riequilibrati, con una serie di più stringenti limiti alla decretazione d’urgenza, per evitare l’impiego elevato che si è registrato nel corso degli ultimi anni e la garanzia, al contempo, di avere una risposta parlamentare in tempi certi alle principali iniziative governative tramite il riconoscimento di una corsia preferenziale e la fissazione di un periodo massimo di 70 giorni entro cui il procedimento deve concludersi.
• Il sistema delle garanzie viene significativamente potenziato: il rilancio degli istituti di democrazie diretta, con l’iniziativa popolare delle leggi (da 50.000 elettori proponenti previsto dalla Costituzione vigente, senza obbligo di prendere in carico il provvedimento, a 150.000 elettori proponenti con l’obbligo di risposta da parte del Parlamento) e il referendum abrogativo rafforzato: un movimento “pedagogico” con la presentazione da parte di 500.000 elettori o 5 Consigli regionali; mentre se avanzata da 800.000 elettori occorre la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera.
• “Movimento” anche per l’elezione del Presidente della Repubblica: maggioranza dei 2/3; dal 4° scrutinio 3/5; dal 7° 3/5 dei votanti.
Abrogazione del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL) . Presidente, vice presidenti, 64 consiglieri.
La riforma del Titolo V della Costituzione ridefinisce i rapporti fra lo Stato e le Regioni nel solco della giurisprudenza costituzionale successiva alla riforma del 2001, con conseguente incremento delle materie di competenza statale (ad esempio le strategiche materie in tema di trasporti ed energia). Nello stesso tempo la riforma tipizza materie proprie di competenza regionale, cui corrispondono in gran parte leggi statali limitate alla fissazione di “disposizioni generali e comuni”. Per la prima volta, non si assiste ad un aumento dei poteri del sistema regionale e locale, bensì ad una loro razionalizzazione e riconduzione a dinamiche di governo complessive del Paese. Viene eliminata la cosiddetta “legislazione concorrente”.
Abrogazione delle 110 Province: federalismo non su argomenti statali e stimolo ad un nuovo ruolo degli enti territoriali: Regioni, Aree vaste, Città metropolitane e Comuni (con l’intento di arrivare ad avere Comuni con almeno 5000 abitanti passando dagli attuali 8000 a circa 2500).
Corte Costituzionale: 15 membri nominati per 1/3 dal Presidente della Repubblica, per 1/3 dalla Magistratura, 3 dalla Camera, 2 dal nuovo Senato.
Si toglie infine un “po’ di polvere”!
Infatti, introducendoli, si parla:
di Unione Europea, di tutela dei beni culturali e paesaggistici, di rappresentanza uomini/donne, di trasparenza, di commercio con l’estero, di infrastrutture e piattaforme informatiche dell’Amministrazione, di ordinamento sportivo, di attività culturali e turismo, di ordinamento delle professioni e della comunicazione, di tutela della salute, di politiche sociali, di sicurezza alimentare, di ordinamento scolastico, di istruzione universitaria e programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica, di previdenza complementare e integrativa, di tutela e sicurezza del lavoro, di politiche attive del lavoro, di disposizioni generali e comuni sull’istruzione e formazione professionale (con introduzione dell’equilibrio di bilancio), di semplificazione e trasparenza dell’azione amministrativa secondo criteri di efficienza e responsabilità degli amministratori. Si introduce per la prima volta in Costituzione la parola Sindaco.
Il testo non è, né potrebbe essere, privo di difetti e discrasie. Ma dobbiamo tutti essere consapevoli che, in Italia come in ogni altro ordinamento democratico, le riforme le fanno necessariamente i rappresentanti del popolo nelle assemblee politiche, non comitati di esperti. Nelle assemblee la ricerca del consenso impone compromessi, impedisce astratte coerenze, mette talvolta in secondo piano dettagli in nome del prevalente interesse a un esito complessivo utile. Nel progetto, peraltro, non ci sono scelte gravemente sbagliate o oggettivamente divisive (per esempio in materia di forma di governo l’Italia rimane una Repubblica parlamentare!), diversamente da alcuni precedenti (es. Commissione D’Alema 1997-1998, Progetto del centro-destra 2001-2006).
Occorre dunque guardare al progetto varato dal Parlamento e offerto ai cittadini nel suo complesso, perché si esprimano nel referendum costituzionale del prossimo 04 dicembre 2016. Come i parlamentari nelle ultime due letture così anche i cittadini sono chiamati a un giudizio sintetico e complessivo.
Così come tutto si tiene nella Costituzione del 1948, anche nella riforma di cui si sta discutendo è evidente che superamento del bicameralismo, riforma del procedimento legislativo, razionalizzazione dei poteri regionali fanno parte di un unico disegno che può essere positivamente valutato e non può essere artificiosamente suddiviso per una mal posta esigenza di omogeneità.
Per tutte queste ragioni sono convinto che la grande discussione nazionale ormai aperta da tempo e che continuerà fino alla vigilia della consultazione referendaria del prossimo 04 dicembre, potrà persuadere i cittadini italiani della bontà della riforma approvata con coraggio dal Parlamento e della sua utilità per il miglior governo del Paese.
Voto SI perché sono convinto della bontà della riforma nel suo merito.
Voto SI a favore di un sistema più capace di decidere con maggiore velocità e trasparenza, poiché la rapidità è una componente qualitativa delle decisioni.
Uno psicosociologo americano affermò che “la cosa di cui più di tutti ha paura l’uomo è il cambiamento”. Oggi è l’ora del coraggio del cambiamento, senza ritenere intoccabile una straordinaria legge che per 50 anni ha ben sorretto la nostra democrazia.
I cittadini sono chiamati il 04 dicembre 2016 ad essere arbitri del loro futuro!
In conclusione, oltre tutto quanto detto sopra, che cosa c’è in gioco?
Vi è in gioco la dignità, la credibilità, il prestigio e l’immagine del nostro Paese.
Per una politica stabile, vi è bisogno di dire la verità sulle difficoltà che stiamo affrontando (dire che è difficile, che dobbiamo tutti lavorare tantissimo - visto anche l’enorme debito pubblico che ci portiamo nello “zaino”), vi è bisogno di avere fiducia nel nostro Paese e vi è bisogno di recuperare un forte senso dello Stato.
Dobbiamo riuscire a far dire di noi: “l’Italia è un Paese stabile, è un Paese con regole chiare e certe (si veda l’importante fissazione di termini temporali per le decisioni).
Occorre avere la volontà di cambiare! La volontà di dirci e di convincerci che oggi non bisogna soltanto parlare di diritti ma anche di doveri, perché senza i doveri i diritti non esistono!
Questo passo avanti sono convinto permetterà al nostro Paese di ridurre un poco quello strappo drammatico, avvenuto negli anni del terrorismo, tra politica (pensiero breve) e cultura (pensiero lungo, pensiero strategico).
Una questione quindi di coraggio e di responsabilità!
Si voterà domenica 04 dicembre 2016 dalle ore 7,00 alle ore 23,00. Il referendum, non essendo abrogativo ma costituzionale, non prevede un quorum (cioè un numero minino di votanti affinché il referendum sia valido). Il quesito stampato sulla scheda, che riproduce il titolo della legge votata poiché nel caso di referendum costituzionale il quesito è predeterminato, è il seguente:
Approvate il testo della legge costituzionale concernente “disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?
Se ti ho informato un po’ di più, se ti ho convinto della bontà delle tesi inserite nella riforma costituzionale, informa e convinci i tuoi parenti, i tuoi amici e i tuoi conoscenti.
Basta un SI.
D’altra parte il no non propone nulla! Con il no il nostro Paese non farà nessun passo avanti, anzi resterà fermo nelle ormai ben note “sabbie mobili”!