In Lombardia un terzo delle nomine alle donne

In Lombardia, in sostanza, la parità di accesso alle nomine è ancora lontana. Benchè lo Statuto di autonomia sancisca il principio di democrazia paritaria le leggi regionali che disciplinano le designazioni della giunta e del Consiglio (la 32/2008 e la 25/2009) non prevedono di fatto alcun vincolo di genere.
La normativa nazionale in merito è molto più avanzata. Il testo unico in materia di intermediazione finanziaria sulla parità di accesso agli organi di amministrazione e controllo delle società quotate nei mercati regolamentati (120/2011) e il decreto sull’accesso agli organi di amministrazione e controllo delle società controllate dalla pubblica amministrazione (251/2012) impongono infatti la presenza di un quinto delle donne.
Ed è solo perché la Lombardia, come tutte le altre regioni, ha l’obbligo di adeguarvisi, che nell’ultima tornata di nomine il principio è stato almeno in parte rispettato.
Non ci si può però accontentare. I gruppi di opposizione chiedono di più, andando oltre le norme nazionali, che hanno avuto il merito di introdurre per la prima volta almeno un vincolo di genere ma non sono comunque sufficienti a garantire una vera parità.
Per questo hanno presentato due progetti di legge, di cui sono prima firmataria nei quali si stabilisce che le nomine debbano essere per un terzo femminili, pena la loro nullità.
Deve essere la Lombardia, che è la regione dove le donne sono più affermate in tutti i settori della vita sociale e produttiva, a farsi per prima promotrice di un rinnovamento che porti finalmente all’affermazione di una democrazia paritaria vera.
Video della dichiarazione di Sara Valmaggi>>
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