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Regole dello Stato e dell'Europa considerate come fastidiosi ostacoli da abbattere

Scritto da Luigi Zanda.

Luigi Zanda
Intervento in Senato durante la discussione della fiducia al Governo sulla legge di bilancio.

Signor Presidente, nonostante da varie settimane fosse chiaro che il Governo stava consumando uno scandalo parlamentare di dimensioni enormi, non pensavo d'intervenire in questo dibattito. Ho cambiato opinione per quello che ho sentito nella discussione generale e per quello che ho visto nelle ultime ore di questa vicenda.
Credo che tutti qui, in quest'Aula, abbiano avvertito un sottofondo di spavento un senso di paura per il futuro, una consapevolezza che i nostri destini sono nelle mani di chi considera le regole dello Stato e dell'Europa due fastidiosi ostacoli da abbattere.
Questa è la grande questione politica che sta distruggendo il futuro del nostro Paese. L'Italia è governata da forze che non credono nello Stato e non credono nell'Europa. E se, alla fine, Di Maio e Salvini hanno ceduto, certo non lo hanno fatto per spirito europeista ma per la paura delle conseguenze cui la loro irresponsabilità stava, e sta tutt'ora, esponendo l'Italia.
Anche negli interventi dei senatori di maggioranza, depurati dai toni laudatori cui sono obbligati, ho percepito inquietudine e grande incertezza. Persino i toni forti dei senatori Bagnai e Bottici, persino le grida scomposte dei senatori Romeo e Patronelli nascondevano il disagio di chi è chiamato a difendere una causa che sa essere indifendibile. Ma io avverto nell'aria un elemento politico nuovo, signor Presidente, perché anche molti senatori della maggioranza stanno accorgendosi del cul de sac in cui il Governo ha ficcato l'Italia.
Anche loro sanno che, nei prossimi mesi, poi per tutto il 2019 e dopo per gli interi anni 2020 e 2021, per l'Italia ogni giorno sarà durissimo, sempre con la spada di Damocle europea sulla testa, sempre alle prese con i controlli e le gravissime condizioni finanziarie cui siamo stati sottoposti in cambio delle mancate sanzioni. Una pace di Pirro che gli italiani pagheranno molto cara.
L'Italia ha mostrato arroganza con l'Europa, ha ingiuriato la Commissione, ha predicato un sovranismo eunuco e, come conseguenza, è stata messa in libertà vigilata, non solo dalla Commissione, ma anche da tutte, proprio tutte, le nazioni dell'Unione europea, compreso Orban, compresa Visegrad, compresa la Lega Anseatica.
Quest'anno, né le Commissioni, né l'Aula del Senato hanno potuto, non dico votare o esaminare, ma neanche leggere il disegno di legge di bilancio e io stesso ora sto intervenendo senza conoscerne nel dettaglio il testo. È per questo che non parlo del merito delle misure, ma solo della dimensione politica del tradimento della democrazia che è in atto. Temo - lo dico seriamente - che neanche la maggior parte dei Ministri e dei Sottosegretari, escluso certamente il ministro Tria e il sottosegretario Garavaglia, abbiano potuto leggere la manovra, un testo che è arrivato al Senato due ore fa per essere votato con la fiducia tra poco più di un'ora.
Mi rivolgo ai senatori 5 Stelle e Lega che erano in Senato nella passata legislatura: sono certo che si ricordano le urla, gli insulti, il clima surriscaldato, i cartelli, le invasioni dell'emiciclo e persino l'occupazione dei banchi del governo, con cui tante volte loro stessi protestavano contro una maggioranza che negli scorsi cinque anni mai si era permessa di mortificare e offendere il Parlamento.
Quei senatori, ieri all'opposizione, oggi in maggioranza, ricordano tutto questo. Lo ricordano certamente e, conoscendo molti di loro, sono certo che sentono il peso non solo delle contraddizioni a cui sono costretti, ma anche della distanza siderale che separa le loro promesse elettorali dalle politiche che Salvini e Di Maio li costringono a votare.
Tra poche ore la legge di bilancio tornerà alla Camera. I deputati della maggioranza saranno costretti ad approvarla con la fiducia, ad approvare un testo o totalmente diverso da quello che hanno già votato un mese fa. Dopo poche settimane, due voti di fiducia a uno stesso disegno di legge, ma con due testi diversi. E se ci pensate con serenità, colleghi della maggioranza, è una situazione incredibile; in un Parlamento, come il nostro, dove i Regolamenti non consentono di ripetere il voto nemmeno su un emendamento approvato per errore, può accadere che la realtà superi la fantasia. Oggi accade che un disegno di legge venga completamente riscritto e fatto rivotare con la fiducia dopo pochi giorni.
Sono certo che quei deputati che verranno chiamati a dare due voti di fiducia su due testi diversi, si renderanno conto di essere stati usati, di non contare nulla e di obbedire a personaggi senza equilibrio, senza esperienza e senza scrupoli. Ecco, osservando i senatori della maggioranza, interpretando i loro silenzi, la retorica dei loro interventi a sostegno del Governo e il loro visibile disagio, si possono incominciare a vedere tra loro delle crepe politiche, dei segni di inquietudine e la preoccupazione di non potercela fare.
Questa disgraziata legge di bilancio verrà approvata. L'Italia eviterà l'esercizio provvisorio, ma il trauma di questi giorni avrà effetti politici rilevanti, signor Ministro, soprattutto nella coesione dei Gruppi 5 Stelle e Lega. Politicamente, quel che è accaduto in questi giorni mette la maggioranza su un piano inclinato, segna l'inizio di un percorso di declino, aprirà nei Gruppi parlamentari di Lega e 5 Stelle accesi dibattiti interni, approfondirà il solco tra i due partiti e costringerà il Governo e a rendere sempre più esplicito il vero progetto di fondo che questa maggioranza intende propinare all'Italia.
È sulla natura eversiva di questo progetto che con il Partito Democratico non è possibile nessuna trattativa. Ieri sera, al centro del bell'intervento della senatrice Bonino, c'era la denuncia dello scandalo di una maggioranza che non perde occasione per indebolire la nostra democrazia parlamentare. Ho molto apprezzato l'intervento della senatrice Bonino, ma con sincerità debbo dirle che lo strame che Governo e Parlamento stanno facendo della democrazia non mi ha proprio sorpreso: l'ho già detto molte volte e lo voglio ripetere. Nel progetto di democrazia diretta che è al centro del programma di Governo (poco fa c'era qui un Ministro che ha proprio questo incarico), il Parlamento è un intralcio che prima va indebolito e poi va abolito.
La senatrice Bernini ha ricordato che Grillo ha detto: «Apriremo il Parlamento come una scatola di tonno». Io non ci trovo niente da ridere in questa affermazione, perché cos'altro vuol dire - e cito - che «quando avremo un referendum alla settimana il MoVimento 5 Stelle potrà anche sciogliersi perché avrà raggiunto il suo obiettivo»? E cosa vuol dire - cito ancora - che «fra dieci anni si potrà abolire lo stesso Parlamento che sarà diventato inutile»? Cosa vuol dire il Presidente del Consiglio quando si lagna di non poter controllare il Parlamento? Cosa vogliono dire gli attacchi continui dei due Vice Presidenti del Consiglio alla magistratura, alla Banca d'Italia, ai dirigenti del Ministero dell'economia, alle organizzazioni dei lavoratori e degli imprenditori, alle associazioni di volontariato, alla libera stampa?
Signori senatori, tutto è stato chiaramente detto e a nessuno di noi sarà più permesso di dire: «Io non sapevo, io non avevo capito». La verità è che la democrazia diretta che la maggioranza pentaleghista vuole imporre all'Italia - mi dia ancora un minuto, Presidente - al posto della democrazia parlamentare non tollera né corpi intermedi né bilanciamento dei poteri; prevede che alla fine possano sopravvivere solo due livelli: il popolo e il capo. Ecco, questo è il regime che vogliono per l'Italia e al quale si può dare un solo nome possibile: peronismo (peronismo in salsa Salvini, naturalmente; peronismo in salsa Di Maio).
Concludo, Presidente, con un appello al presidente del Senato e al Presidente della Camera, per cui le chiedo di farmi da tramite. Davanti allo scempio dell'onore del Parlamento di cui questo disegno di legge di bilancio è solo l'ultimo atto, le Presidenze delle Assemblee non possono più far finta di niente, e devo dire con franchezza al Presidente del Senato che il suo richiamo di ieri sera va apprezzato, ma non basta: la ferita è troppo profonda perché tutto finisca così.
Rispetto il Presidente del Senato e so che è stata eletta per tutelare e difendere le prerogative della nostra Assemblea e il prestigio dei senatori, ma so anche che solo il presidente del Senato può intervenire non chiedendo ma pretendendo con la sua autorevolezza che il Senato non venga offeso, umiliato e mortificato.
Noi senatori, che contiamo così poco, non possiamo fare un granché; solo il presidente del Senato può dare battaglia dall'alto della sua carica, a favore non di una parte ma dell'intero Parlamento, ricordando a Governo e maggioranza che le istituzioni possono, anzi debbono essere riformate, ma bisogna farlo a viso aperto e non così, spolpandole surrettiziamente come un carciofo, un giorno sconvolgendo le prassi parlamentari e un altro stravolgendo l'istituto del referendum, oppure trattando la riduzione del numero dei parlamentari non come una misura di riqualificazione del Parlamento, ma come uno dei tanti paragrafi della riduzione dei costi della politica.
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