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Catalogna, Europa, e noi?

Scritto da Patrizia Toia.

Patrizia Toia
Intervista del Sicomoro

La vicenda catalana, al di là dell’esito finale, pone alcuni interrogativi: perché in Europa nascono richieste di autonomia territoriale che nel caso specifico diventano secessione? Ma il ‘così piccolo’ diventa proprio ‘bello’ in un mondo globalizzato?
Bisogna distinguere due fenomeni molto diversi. Da una parte ci sono le legittime richieste di maggiore autonomia e partecipazione alle decisioni per avvicinare le istituzioni ai cittadini, secondo il principio di sussidiarietà: fino a dove possibile le competenze devono essere affidate agli enti più vicini ai cittadini.
E' un principio sancito dal Trattato di Maastricht, ma che non è stato applicato fino in fondo. Dall'altra parte ci sono le “pretese” di indipendenza, come nel caso della leadership catalana che agisce contro la legge e la costituzione del Paese di cui fa parte.
È un'involuzione che abbiamo già visto in Europa. Se è vero che in un mondo sempre più globalizzato gli Stati hanno perso peso e sovranità e non sembrano più in grado di proteggere i cittadini dalle crisi economiche, ambientali e sociali, rivolgersi alle comunità locali è una pericolosa illusione. Non è chiudendosi a riccio che ci si protegge e si riprende in mano il proprio destino. Al contrario, gli Stati recuperano sovranità unendo le forze a livello europeo e facendo crescere la democrazia sia a livello comunitario che degli enti locali.
La Brexit prima ed ora la vicenda della Catalogna stanno forse producendo un disincanto da noi: che effetto avrà la vicenda sul referendum di Lombardia e Veneto? La vittoria del sì o un’alta affluenza alle urne può innescare qui nuovi obiettivi per la Lega di Salvini?
Sicuramente il disastro della Brexit e l'inevitabile impasse del secessionismo catalano stanno aprendo gli occhi a molti. Dopo la Brexit gli euroscettici di tutta Europa sono diventati improvvisamente silenti e sulla difensiva. Anche i nostri grillini e leghisti hanno smesso di chiedere l'uscita dall'euro. Probabilmente la vicenda catalana produrrà un effetto simile. Per quanto riguarda i referendum promossi dalla Lega sono solo un tentativo intempestivo di soffiare sul fuoco del populismo localista nel momento in cui dall'Europa sta arrivando la doccia fredda della realtà. E' talmente evidente che lo scopo politico del referendum è raccogliere consensi prima delle elezioni.
Autonomia locale, democrazia, secessione non rischiano oggi di fare un corto circuito e innescare equivoci già nel linguaggio? L’Europa riconoscerebbe un nuovo stato nato da una secessione?
Il rischio esiste ed è per questo che bisogna essere molto chiari: la democrazia e la legittima richiesta di istituzioni vicine ai cittadini sono diametralmente opposti al secessionismo e alla richieste di nuovi muri. L'Unione europea è nata abolendo le frontiere, non creandone di nuove, e non riconoscerebbe mai un nuovo Stato nato da una secessione unilaterale. L'Ue non può diventare l'Europa delle piccole patrie o il rifugio di regioni secessioniste contro lo stato di diritto.
Esiste in Italia una disparità storica fra regioni ordinarie e regioni a statuto speciale: il ricorso all’art. 116 della nostra Costituzione che permette alle regioni di chiedere più competenze può ridimensionare quel divario?
In Italia tra regioni a statuto speciale e ipotesi previste dalla Costituzione esistono molte possibilità di autonomia. Il problema è di far funzionare queste possibilità per migliorare le amministrazioni senza creare disparità, frammentazioni e incoerenze nella macchina statale. In Italia come in Spagna a promuovere concretamente le autonomie sono stati i partiti di centrosinistra. Infatti è nostra la riforma che permette con l'articolo 116 una regionalismo più forte e in Spagna era stato Zapatero a concedere uno statuto più autonomista alla Catalogna.

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